ERIC VOEGELIN
A cura di Alessandro Sangalli
Vita e opere
Eric Voegelin nacque a Colonia, in Germania, nel 1901. Compì gli studi universitari alla Facoltà di Legge di Vienna, conseguendo un dottorato in Scienze Politiche nel 1922. Relatori della sua dissertazione dottorale furono il filosofo e giurista Hans Kelsen e l’economista Othmar Spann. Tra il ’24 e il ’27, Voegelin proseguì i suoi studi post-dottorato alla Columbia University, ad Harvard, alla Wisconsin University e a Parigi, alla Sorbona. Questi viaggi-studio, in particolare quelli negli Stati Uniti, si rivelarono decisivi per lo sviluppo del suo pensiero: non a caso, il suo primo libro si intitola On the Form of the American Mind (1928).
Nel 1929, Voegelin divenne professore di scienze politiche e sociologia all’Università di Vienna, dove scrisse le sue prime opere: Razza e Stato (1933), L’idea di “razza” nella storia del pensiero (1933), Lo stato autoritario (1936) e Religioni politiche (1938) furono quelle più esplicitamente dedicate all’esposizione della crescente minaccia del nazionalsocialismo tedesco.
Nello scenario di quegli anni, un pensatore indipendente che criticava l’ideologia del regime in modo così manifesto doveva far fronte a conseguenze pericolose. Nel 1938, quando Voegelin capì che, se fosse rimasto in Europa, avrebbe avuto vita difficile, emigrò con sua moglie negli Stati Uniti, sfuggendo appena in tempo alla cattura della Gestapo. Se fosse stato catturato e condannato, i nazisti avrebbero posto fine alla vita di uno dei più importanti intellettuali del XX secolo.
Negli anni successivi, Voegelin insegnò alla Louisiana State University (1942-1958), all’Università di Monaco (1958-1969) e alla Stanford University (1969-1985).
Morì il 19 gennaio del 1985.
Durante tutta la sua vita si dimostrò uno scrittore molto prolifico: l’edizione inglese delle sue opere complete comprende ben 34 volumi, un’edizione che oltre a contenere una raccolta di saggi e tutti i lavori più rappresentativi, come La nuova scienza della politica (1952), Ordine e storia (5 voll. 1956-1987) e Anamnesis (1966), offre anche la sua opera maggiore, Storia del pensiero politico (8 voll.; scritta nei primi anni 40, edita postuma).
Caratteristiche principali del suo pensiero
Varie etichette possono essere applicate a Voegelin: filosofo politico, storico, mistico, filosofo della religione, filosofo della coscienza. L’abbondanza di queste definizioni dà un’idea dell’ampiezza e della profondità del suo pensiero.
Fu tra gli intellettuali più eruditi del suo tempo e coltivò interesse non solo per la civiltà occidentale e mediterranea, ma anche per le culture orientali, come quella cinese e indiana. La sua conoscenza delle lingue superava quella di parecchi filologi. Sapeva fondere e far convivere senza difficoltà, nel suo pensiero, elementi filosofici, teologici, politici e letterari.
Alcuni pensatori sono soliti cominciare la loro riflessione partendo da problemi e da nodi concettuali elaborati da altri autori. Voegelin imbocca una strada opposta e forgia il suo pensiero senza preoccuparsi di rimanere entro limiti posti da scuole e correnti filosofico-letterarie. Tuttavia, egli preferisce definirsi un autore profondamente non-originale. Considera infatti l’originalità come segno di trascuratezza e superficialità riflessiva:
“La verifica della verità e la sua evidenza stanno nella mancanza di originalità delle proprie frasi”.
Il dovere della filosofia è, a suo parere, quello di studiare la saggezza pervenutaci dal passato (da fonti come la Bibbia, Platone, Aristotele, Agostino, Tommaso e così via), per poter così essere condotti ad una più profonda conoscenza e comprensione della realtà. Attraverso lo studio dei filosofi più significativi, ma anche dei testi canonici religiosi, si eleva il proprio intelletto e si arricchisce il proprio spirito, emancipandosi dall’immaturità culturale. L’idea che la verità sia frutto di un processo di continua accumulazione forma il cuore del metodo filosofico di Voegelin.
I suoi scritti non sono facili da leggere. Ciò che rende ardua la comprensione del suo dettato è l’uso (e talvolta l’invenzione) di vocaboli molto particolari, spesso desunti dal mondo dei Greci: non raramente utilizza termini come apeiron, egofania, storiomachia, ipostatizzazione, metaxy, spoudaios. Tutti questi concetti giocano ruoli importanti nella trasmissione del suo messaggio, quindi il lettore deve al più presto afferrarne il significato se non vuole perdersi in un fitto ginepraio linguistico. Il Nostro era fermamente convinto della necessità di usare termini simili, non perchè mirasse ad essere compreso solo dagli esperti o dagli addetti ai lavori, ma perché considerava il vocabolario ereditato dalla tradizione filosofica in molti casi inadeguato alla descrizione della realtà. L’esistenza umana, allo stesso tempo nella storia e a metà strada tra il divino e il materiale, costituisce un fenomeno molto complesso, che Voegelin cerca di interpretare nel modo più profondo possibile, a volte recuperando alcuni concetti-chiave della filosofia greca ormai caduti nell’oblio, altre volte coniando nuovi termini per descrivere fenomeni più recenti.
Molti autori, una volta trovato quello che considerano il modo migliore per esprimere le proprie idee, mantengono sostanzialmente inalterato quello stile per il resto della loro vita. Si pensi, ad esempio, a Calvino, i cui Principi della religione cristiana furono editi a più riprese nel corso della sua vita subendo pochissimi cambiamenti rispetto al testo originale. Per quanto riguarda questo aspetto, Voegelin è paragonabile a Karl Barth: fu sempre aperto al cambiamento e allo sviluppo della forma del suo pensiero, anche a costo di abbandonare progetti e convinzioni sostenute per anni. È l’esempio perfetto del filosofo in perenne evoluzione e crescita intellettuale, il cui pensiero è un work in progress senza sosta, in netto contrasto con la chiusura mentale del dogmatico, che ha ben chiaro ciò che crede e non vuole prestare ascolto a nessun’altra voce.
Tematiche centrali
Senza dubbio, il tema dominante degli scritti di Voegelin è l’ordine e il disordine, nella società come nell’animo umano. Le forme di disordine sono naturalmente molteplici: oppressione, violenza, criminalità, squilibrio mentale e tutte le altre sottili specie di alienazione che possono affliggere gli esseri umani. La tradizione religiosa comprende questo disordine nelle conseguenze della caduta e del peccato originale, ma Voegelin è intenzionato ad intraprendere una ricerca più attenta, sia per trovarne la fonte sia per analizzare la nostra incapacità di uscire da questo stato.
Una possibile risposta a questa domanda è rappresentata dallo gnosticismo. Questa antica corrente di pensiero (sviluppatasi nei secoli II e III nell’ambito del cristianesimo, influenzata da tendenze religiose orientali e da elementi filosofici ellenistici) riaffiorò a più riprese e in varie forme nel corso della storia: lo gnosticismo sostiene che il mondo materiale è intrinsecamente pervertito e corrotto, e che non può essere purificato o redento, in quanto esso non proviene da una causa buona e positiva. In altre parole, il mondo è creato da Satana, e se qualcuno vuole avvicinarsi a Dio deve trovare il modo di fuggire e di allontanarsi dal mondo materiale. Il nostro utilizza “gnosticismo” come termine generale per indicare tutte quelle vie che gli uomini hanno sperimentato nella loro ricerca di un mondo più alto, più spirituale, più vero.
Nell’ottica di Voegelin, lo gnosticismo non riveste semplicemente un interesse storico o erudito. Al contrario, questo quadro concettuale costituisce il cuore del mondo moderno, soprattutto sotto l’aspetto politico-sociale. Egli inizia così una severa critica della modernità: per “modernità” intende l’insieme di tutte quelle ideologie politiche che nei secoli recenti hanno iniziato ad allontanarsi dai dogmi della tradizione giudaico-cristiana e dalle posizioni filosofiche di Platone ed Aristotele. Lo gnosticismo, insieme con la modernità, è un rifiuto della realtà, sia della realtà del mondo materiale sia di quella della saggezza ereditata dalle generazioni passate. Dal momento che gli gnostici sono in perenne rivolta contro la realtà, essi devono crearsi un secondo mondo dove poter vivere: detto altrimenti, essi inventano una dimensione fantastica dove poter risistemare e riaccomodare gli elementi della realtà.
Per Voegelin, il marxismo e il nazismo sono forme di gnosticismo che hanno proprio questi precisi obiettivi: l’idea di una fuga fuori-dal-mondo è stata trasformata in una fuga all’interno del mondo stesso, ma in una nuova forma d’essere. In entrambi questi movimenti politici, un’élite spirituale stabilisce il bene e il male in termini rigidamente dualistici e considera come proprio compito l’estirpazione del male dal mondo per fondare un nuovo ordine sociale. La dimensione storica dell’esistenza umana, con i suoi limiti e le sue contraddizioni, è respinta, in favore di una visione apocalittica di purificazione della società attraverso un’orgiastica celebrazione della violenza: le moderne forme di gnosticismo si esplicano in quelle che Voegelin chiama le ideologie dell’uccidere. A suo parere, la base concettuale che ha permesso lo sviluppo di queste ideologie è stata elaborata nell’Ottocento da Hegel, Marx e Nietzsche, pensatori “spiritualmente malati” che il nostro sottopone ad una critica fulminante.
Tuttavia, questa “discesa negli inferi”, come la chiama Voegelin, non si sarebbe potuta verificare se altri pensatori non avessero permesso a questi giganti del pensiero di appoggiarsi e trovar sostegno nelle tradizioni religiose, filosofiche e morali dell’Occidente. Egli afferma che gli esseri umani, in ogni epoca, possono aprirsi alla realtà, oppure chiudersi ad essa ed inventare una seconda realtà gnostica: è veramente un uomo solo colui che impara dalla saggezza del passato, colui che interagisce in modo etico e costruttivo con gli altri uomini suoi pari, colui che risponde all’influenza del divino. Secondo Voegelin, l’essere umano vive “nel mezzo”: la coscienza umana si trova così ad affacciarsi da un lato sulla natura e sul mondo materiale, dall’altro su Dio, sul Creatore; l’uomo è allora in perenne bilico; ed essere veramente aperti al mondo e alla realtà in cui ci troviamo porta con sé la capacità di trovare la strada che porta all’ordine, sia nella società che nell’animo umano.
Voegelin considera la filosofia e la rivelazione come le due principali fonti di intuizione dell’ordine: per filosofia intende primariamente Platone ed Aristotele, e poi tutti quei pensatori successivi che hanno costruito sopra di essi; per rivelazione intende le scritture giudaico-cristiane e le tradizioni teologiche che sono sorte a partire da esse. Il Nostro vede qui due differenti forme di teofania, ovvero dei mezzi tramite i quali l’uomo può divenire cosciente dell’influenza del divino come la vera fonte di ordine nell’anima e nella società.
In definitiva, si può considerare Voegelin come un filosofo neo-ortodosso, per il suo atteggiamento allo stesso tempo rispettoso e critico nei confronti del passato.