VON BALTHASAR
A cura di Diego Fusaro
|
Hans Urs von Balthasar nasce a Lucerna nel 1905:
dapprima egli si dedica alla filosofia, conseguendo la laurea a Vienna con una
tesi sull’influsso dell’escatologia nella letteratura tedesca moderna. Dopo
essere divenuto gesuita, lavora con Erich Przywara e, in seguito, conosce a
Lione una sfilza di personaggi che incideranno molto sulla sua formazione: Paul
Claudel, Albert Béguin, Henri De Lubac. Quest’ultimo induce von Balthasar a
studiare a fondo la patristica. Ne nascono approfonditi studi su Agostino,
Origene, Gregorio di Nissa, Massimo il Confessore, oltre a numerose traduzioni
in tedesco di scritti di Claudel, Péguy, Bernanos. Tra il 1938 e il 1939, von Balthasar
risiede a Monaco e collabora con Hugo Rahner (studioso della patristica) e con Karl
Rahner. Trasferitosi a Basilea nel 1940, compie una vera e propria svolta di
pensiero: infatti dà vita ad una comunità di formazione per studenti e fonda
parecchi gruppi rivolti ad anziani e disseminati per la Svizzera. Nel 1947, von
Balthasar fonda a Einsiedeln una propria casa editrice, mentre l’anno seguente
si stacca dalla Compagnia di Gesù alla ricerca di nuovi tipi di presenza nel
quotidiano. Fonda pertanto un istituto secolare in cui vive interiormente gli
ideali della dedizione a Dio, integrandosi pienamente con la realtà mondana.
Muore nel 1986. Alla prima fase del suo pensiero risale l’importantissimo
scritto del 1952 intitolato Abbattere i bastioni, con cui afferma la necessità che la Chiesa
abbandoni il suo arroccamento e distrugga le mura difensive che la tengono separata dal
mondo moderno e dalla sua cultura. In forza di questo scritto così
rivoluzionario, von Balthasar non fu invitato a partecipare ai lavori del
Concilio, anche se di fatto la sua influenza teorica fu assai rilevante. Dopo
il Concilio, caratterizzato da grandi tentativi e da notevoli slanci di ottimismo,
von Balthasar sente il pericolo che si perdano elementi essenziali dell’identità cristiana: per questo motivo,
pubblica diversi scritti con cui attacca duramente i punti cardinali della
svolta conciliare (ad esempio il rinnovamento della liturgia, le aperture
ecumeniche, la rinnovata centralità della Bibbia). È questa la seconda fase del
pensiero di von Balthasar. Nel mirino della sua polemica finiscono anche le
posizioni antropocentriche fatte valere da Karl Rahner. In Solo l’amore è
credibile, del 1963, von Balthasar nega significato e validità alle forme
di religiosità cosmologiche, sostenendo che l’unica via percorribile verso Dio
è quella che parte da Lui gratuitamente e trova luoghi rivelativi nella Chiesa,
in Maria e nella Scrittura. Ma il luogo rivelativi per eccellenza è e resta il Crocifisso, il segno drammatico cui
corrisponde la possibilità di martirio anche per il credente, che può essere
chiamato a pagare con la vita la propria testimonianza di fede. In uno scritto
del 1966, intitolato Cordula, ovverosia il caso serio, von Balthasar sottolinea,
in forma radicale e al tempo stesso provocatoria, l’identità cristiana nella
sua irriducibile alterità rispetto al mondo. Il segno più lampante di tale
identità è scorto ancora una volta nel martirio. Questo insistente richiamo
all’alterità dell’identità rispetto al mondo trova la sua più autentica
espressione nella capacità di giocare la propria vita, optando per una fede per
la quale la sofferenza e la notte sono vinte e oltrepassate dalla speranza e
dalla gioia. Nel suo capolavoro, Gloria (1961-1969), von Balthasar
guarda alla Rivelazione alla luce del principio ermeneutico della bellezza; nel primo volume, Visione
della forma, egli espone le categorie della sua nuova sintesi teologica. La
Rivelazione divina, sostiene von Balthasar, avviene innanzitutto nella
bellezza, nella grandiosità che attira e accende la fede. Il comun denominatore
della bellezza e dell’amore è la gratuità, la quale è anche il segno caratteristico
dell’agire di Dio nei confronti dell’uomo. Il filosofo Tommaso aveva sostenuto
che la peculiarità della bellezza è il suo splendore: in sintonia col filosofo
medievale, von Balthasar sostiene che anche la comprensione della verità e del
bene non è possibile senza la conoscenza della bellezza. Infatti, solo quest’ultima
consente di oltrepassare gli approcci formalistici e pragmatici alla verità,
senza scivolare in atteggiamenti utilitaristici verso il bene. La bellezza può
riguardare sia cose, sia esseri, sia opere d’arte, e si presenta sempre come
luce emergente da una profondità misteriosamente insondabile. L’elemento
visibile occulta e, al tempo stesso, rivela questa dimensione interiore della
bellezza. Il lògos che appare anche nelle cose si rivela come amore e,
per ciò stesso, come gloria e splendore che genera adorazione e tiene viva l’alterità
nella relazione che si viene ad instaurare tra Dio e l’uomo. Il secondo volume
di Gloria, intitolato Varietà di stili, è una carrellata storica
dei diversi stili delle arti figurative e dei molteplici modelli teologici: in essi,
come negli elementi di bellezza presenti, Dio ha fatto risplendere la sua
gloria. In particolare, von Balthasar esamina le sintesi elaborate da dodici personaggi illustri della
letteratura e della spiritualità (Ireneo, Agostino, Dionigi, Anselmo,
Bonaventura, Dante, Pascal, Giovanni della Croce, Hamann, Solov’ëv, Hopkins, Péguy).
Col terzo volume, che si intitola Nell’ambito della metafisica, von Balthasar
compie una ricognizione storica delle posizioni di autori etichettati come “metafisici” lato sensu,
poiché capaci di conferire alta espressione allo spirito umano. Essi sono
Omero, Platone, Virgilio, Plotino, Cusano, Dostoevskij, Goethe, Heidegger.
Questi “metafisici” vengono da von Balthasar letti come segni dello splendore
divino. Sono invece letti come negazione della gloria divina tutti quegli autori che, a partire dal
nominalismo medievale, arrivano fino a Cartesio e a Marx. E von Balthasar
rilegge l’intera Sacra Scrittura alla ricerca dei passi in cui più si manifesta
lo splendore
di Dio,
dando particolare importanza alla figura cristica e all’evento della croce. La
Resurrezione, che distrugge ogni negatività (compresa quella della morte),
rivela la luce della gloria che si manifesta come illimitato amore salvifico.
Nei cinque tomi della Teodrammatica (1973-1983), von Balthasar mette in
luce la drammaticità affiorante dalla rivelazione dell’impegno di Dio per il
mondo e approfondisce il rapporto tra la libertà divina (infinita) e quella umana
(limitata, ma reale ed efficace). Conducendo una riflessione teologica a
partire dal tema trinitario, von Balthasar evidenzia come la vicenda storica
sia segnata dal conflitto, dal male, dalla morte: in tale vicenda storica
l’avvento di Cristo costituisce lo spartiacque decisivo, poiché, dalla sua kénosis
(letteralmente “svuotamento”, e dunque abbandono della forma divina per
assumere quella umana), emerge la speranza che tutto il male, che è e resta
finito, trovi un superamento definitivo in questo infinito amore che lo
assume.