MAX WEBER
LE SCIENZE STORICO/SOCIALI
Weber è stato in principio
soprattutto uno storico economico, che è andato poi progressivamente
avvicinandosi alla ricerca sociologica. Il suo successivo interesse per la
riflessione metodologica è avvenuto in relazione al dibattito sul metodo della
scienza economica che si era sviluppato nei due ultimi decenni del 1800,
soprattutto fra marginalisti ed esponenti della scuola storica, tra quelli che
sostenevano che l'economia politica ha per oggetto la regolarità del
comportamento economico e coloro che la riducevano a una scienza
specificatamente storica, parte di una scienza universale della società. Nei
suoi primi saggi metodologici, Weber prende posizione contro i presupposti della
scuola storica e contro l'eredità romantica che in essa sopravvive, soprattutto
l'idea che i fenomeni storici colgano intuitivamente nella loro individualità
mediante un procedimento di comprensione immediata; egli elabora le sue
considerazione riguardo a questi problemi sempre da un punto di vista
metodologico, cioè di ' un'autoriflessione sui mezzi che hanno trovato
conferma nella prassi ' delle singole discipline, non dal punto di vista
generale di una teoria della conoscenza o di una teoria filosofica della storia.
Questo spiega perché, di fronte all'alternativa tra Dilthey, da un lato, e
Windelband e Rickert dall'altro, tra la distinzione delle scienze storiche da
quelle naturali fondata su base oggettiva e quella fondata sul metodo, Weber
prende subito posizione in favore della seconda: ' né le qualità cosali della
materia, né le differenze ontologiche del suo essere, né, infine, il modo del
procedimento psicologico con cui si consegue una determinata conoscenza decidono
del suo senso logico e dei presupposti della sua validità '. L'oggetto delle
scienze storico-sociali può essere definito soltanto in relazione al loro metodo
orientato verso l'individualità e in base all'analisi della loro struttura
logica, escludendo quindi ogni dimensione psicologica. Se l'interesse della
ricerca è rivolto alla conoscenza di regolarità secondo leggi naturali, si
costituisce l'oggetto della scienza naturale; se invece è rivolto alla
conoscenza della realtà individuale, si costituisce l'oggetto storico. Come per
Rickert, mondo fisico e mondo storico possono entrambi diventare oggetto sia
della scienza naturale sia della conoscenza storica. Ma il richiamo delle
posizioni rickertiane non si ferma a questo: dall'allievo di Windelband, Weber
riprende la nozione di relazione al valore, intesa come criterio di selezione
del dato delle scienze storico-sociali. Il significato dell'oggetto storico deve
presupporre ' la relazione dei fenomeni culturali con idee di valore ' ,
in quanto riguarda processi ai quali si attribuiscono da parte del ricercatore
significati culturali . Il distacco di Weber dalla filosofia dei valori è,
invece, fortissimo a proposito del modo d'essere dei valori: essi sono più
forniti di validità incondizionata e di esistenza metastorica, ma sono i valori
di una determinata cultura, adottati in rapporto allo specifico punto di vista
del soggetto della ricerca. La ricerca storico-sociale ha quindi un punto di
ricerca soggettivo, un particolare punto di vista che stabilisce l'oggetto e la
direzione dell'indagine. Si pone, allora, il problema di individuare le
condizione fondamentali che consentono alle scienze storico-sociali di condurre
a risultati oggettivamente validi, pur partendo da presupposti soggettivi. E' il
problema che Weber affronta nei saggi metodologici più importanti, e soprattutto
in L'oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica
sociale, del 1904, e Studi critici intorno alla logica delle scienze
della cultura , del 1906. Weber indica qui due fondamentali condizioni. La
prima consiste nella rigorosa esclusione dei giudizi di valore dall'ambito delle
scienze storico-sociali, come del resto da qualunque altro campo del sapere.
Weber distingue, infatti, la relazione del valore, che si è visto essere il
criterio con cui il ricercatore individua l'oggetto della sua indagine, dal
giudizio di valore, che è invece una presa di posizione valutativa, ossia
l'approvazione di valori, la prescrizione di comportamenti, la difesa di scopi
pratici, di posizioni politiche e così via. La ricerca sociale deve accertare
quel che è, non indicare quel che dev'essere. E' possibile una critica tecnica
dei valori, consiste nella considerazione del rapporto dei valori assunti come
scopo dell'agire e i mezzi della loro realizzazione, oppure nell'analisi delle
conseguenze che possono derivare dalla scelta di certi valori e dall'impiego di
determinati mezzi. Ma giudicare della validità dei valori è per Weber ' una
questione di fede, forse un compito della condizione speculativa; sicuramente
non l'oggetto di una scienza empirica '.La seconda condizione consiste nel
ricorso alla spiegazione causale. Le scienze storico sociali non possono mai
dare una spiegazione completa ed esauriente di un avvenimento, dal momento che
gli antecedenti ai quali un avvenimento può essere ricondotto sono, il linea di
principio, infiniti. Ma alla ricerca storica spetta ' la spiegazione causale
di quegli elementi e di quegli aspetti dell'avvenimento in questione che
rivestono un significato universale da determinati punti di vista e perciò un
interesse storico '. Il che può avvenire mediante la messa in relazione
dell'evento o del processo storico reale con processi storici possibili
costruiti concettualmente; se, eliminando o modificando un elemento della
situazione, il processo possibile mostrerà un allontanamento da quello reale,
allora l'elemento in questione potrà essere considerato in rapporto causale con
l'evento che si intende spiegare. I giudizi di possiblità oggettiva ( così Weber
definisce i procedimenti di imputazione causale di questo tipo ) mettono capo ad
un tipo di spiegazione condizionale, che nega il postualto positivistico (
peraltro valido per le scienze naturali ) del legame tra causalità e necessità.
Essi portano alla scoperta delle condizioni che favoriscono (e del grado in cui
le favoriscono) o che impediscono il verificarsi di un determinato avvenimento.
Tutto questo implica il riferimento a regole dell'esperienza, sulla cui base
costruire una conseguenza di avvenimenti che non è data empiricamente, e a
concetti generali che hanno il carattere di tipi ideali. Regole e concetti
costituiscono quel che Weber definisce sapere nomologico : per la scienza
naturale essi rappresentano lo scopo della ricerca, nella conoscenza
storico-sociale essi assolvono a una funzione strumentale. Il che comporta la
differenza che le unità di comportamento constatate nelle leggi sociali non sono
leggi vere e proprie, ma costruzioni concettuali che nella nostra che nella loro
purezza ideale si trovano raramente, e a volte mai, ma che, d'altra parte, sono
l'unico mezzo per costruire rappresentazioni della realtà empirica. Un' altra
conseguenza consiste nel riconoscimento che la ricerca storica, di per sé volta
all' individualità, deve servirsi a scopo euristico delle scienze sociali
astratte. In seguito, lo studio delle regolarità dell'agire umano arriverà a
rappresentare uno scopo autonomo della ricerca storico-sociale, lo scopo della
sociologia.
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