Pure dal riconoscimento della pluralità dei giochi linguistici
consegue che la logica non offre un'analisi del significato delle proposizioni
valida per tutti i casi, e che la ricerca di "
una forma generale della
proposizione " (la quale appariva l'obbiettivo dell'analisi logica
linguistica) è inattuabile . In effetti, quel che sembra comune alla pluralità
delle forme, degli enunciati linguistici e che si esprime in quelle specie di
"superconcetti" che sono il linguaggio, l'esperienza, il mondo, l'io si fonda
non già su presunti universali, su presunte essenze unitarie e univoche, bensì
solo su semplici affinità, che non cancellano l'irriducibile particolarità e
varietà dei vari significati e dei vari giochi linguistici. Per caratterizzare
queste affinità, Wittgenstein si è servito del celebre concetto di
somiglianze di famiglia . Come tra gli appartenenti a un unico ceppo
familiare si possono intravedere certi tratti omogenei, per altro mai
costanti-generalizzabili (A assomiglia a B in una certa caratteristica, B
assomiglia a c in un' altra caratteristica, ecc.), allo stesso modo nei
linguaggi umani sono accettabili alcune parentele di varia specie e grado, che
però non esibiscono mai concetti.
"
Invece di mostrare quello che è
comune a tutto ciò che chiamiamo linguaggio, io dico che questi fenomeni non
hanno affatto in comune qualcosa, in base al quale impieghiamo per tutti la
stessa parola, - ma che sono imparentati l' un con l' altro in modi differenti.
E grazie a questa parentela, o a queste parentele, li chiamiamo tutti linguaggi.
Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l'espressione
somiglianze di famiglia; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i
membri di una famiglia si sovrappongono e si incrociano nello stesso modo:
corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare,
temperatura, eccetera. E dirò: i giochi formano una famiglia ". (Ricerche
filosofiche, 65 e 67)
Di grande rilievo è anche il cosiddetto
anti-mentalismo di Wittgenstein, il quale si collega all'orientamento
pragmatistico cui si è fatto cenno poc'anzi. La caratteristica di una funzione
come ad esempio il comprendere (o anche del volere, del sapere, del ricordare)
va cercata non (mentalisticamente) in un processo psichico nascosto, ma nel
fatto pragmatico di "
seguire una regola ", cioè nell'uniformarsi alle
abitudini, agli usi e alle tecniche pratico-sociali di vita che concorrono
variamente a costruire la
storia naturale dell'uomo.
"
Fare
una comunicazione, dare o comprendere un ordine, e simili, non sono cose che
possono essere state fatte una volta sola. Seguire una regola, fare una
comunicazione , dare un ordine, giocare una partita a scacchi sono abitudini
(usi, istruzioni). Seguire una regola è analogo a obbedire a un comando. Si
viene addestrati a obbedire al comando e si reagisce ad esso in una maniera
determinata. Per questo seguire una regola è una prassi. " (Ricerche
filosofiche, 199 e 202)
Particolarmente interessanti sono, infine, le
conclusioni alle quali Wittgenstein perviene a proposito della natura della
logica. Per l' autore delle
Ricerche i costrutti logici, ben lungi dall'
esprimere o riflettere verità universali-assolute, hanno un contenuto
essenzialmente normativo: contengono semplicemente norme e convenzioni
riguardando l' uso dei simboli, delle parole. Il fatto che a tali costrutti si
attribuisca un significato universale non dipende certo da una loro pretesa
purezza e sublimità (come se, sottolinea Wittgenstein, anche la logica non fosse
"
tenuta ad affliggersi con i particolari di tutto ciò che accade " ed
avesse a che fare solo con la presunta "
essenza di tutte le cose "):
dipende soltanto da una loro particolare fruibilità ed efficacia pragmatica,
legate a loro volta a precisi presupposti e ideali della conoscenza e del
comportamento umano. Anche concetti apparentemente puri e universali come
principio, legge, prova, deduzione, verità non sono in alcun modo superconcetti
in grado magari di fondare un superordine. Anch'essi sono altro che strumenti
espressivi, sostanzialmente non dissimili da tutti gli altri. Correlativamente,
il loro uso "
deve essere terra terra, come quello delle parole 'tavolo',
'lampada', 'porta' ". Ne consegue che lo statuto dell'indagine logica non
può essere quello assoluto e fondativo ch' era stato teorizzato dall'atomismo
logico e dal neopositivismo (oltrechè, in larga misura, dallo stesso
Wittgeinstein del
Tractatus ). Cade in particolare, quello che viene
definito il
pregiudizio della purezza cristallina della logica .
Rinunciando a certe sue ambizioni, la logica si configura ora come modesta (ma
sempre preziosa e insostituibile) analisi dei concetti e delle connessioni che
governano determinate organizzazioni linguistiche in rapporto a fini e obiettivi
molteplici e pratici - in rapporto a ciò che Wittgenstein chiama "
il nostro
reale bisogno ". Anche in relazione alla matematica, il proposito di
Wittgenstein è quello ch' egli indica coll' incisiva espressione di "
metterla in borghese ", sottolineando (in sintonia con certe posizioni
del logico costruzionista-intuizionista Brouwer) il carattere pragmatico dei
costrutti matematici, la loro natura di meri modelli delle operazioni consentite
in un determinato linguaggio.
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