Il simbolo per Cassirer è lo strumento che permette all'uomo
d'operare una mediazione attiva tra il concreto e il concetto; la forma simbolica è ogni energia dello spirito mediante la quale
un contenuto spirituale dotato di significato viene collegato a un segno
sensibile e viene ad esso intimamente attribuito. In altre parole, la forma
simbolica è un codice attraverso cui si oggettiva lo spirito, mediante cui si
esprime lo spirito umano. Passiamo alla conoscenza
scientifica in Cassirer: essa s'inquadra a pieno titolo nell'ambito della
filosofia delle forme simboliche. La scienza si configurerebbe, anzi, come la
realizzazione della più alta forma di cultura umana, basata naturalmente sulla
complessa funzione spirituale, che in questo grado di sviluppo approderebbe al
livello pienamente razionale e - al tempo stesso - sul terreno dell'astrazione
pura. La conoscenza scientifica darebbe "compiutezza" al cammino umano
indirizzato alla razionalità dell'esistenza. La filosofia
matematica di Cassirer è detta "costruttivismo"; si oppone
all'intuizionismo e al formalismo. Cassirer propone una matematica fondata sulla
costruzione nell'ambito delle forme pure di spazio e tempo. Per questa ragione,
tutte le riflessioni svolte da Cassirer intorno alla conoscenza scientifica
prendono le distanze dal progetto positivistico (empiriocriticista) di Mach.
Secondo Cassirer lo spirito (cioè il pensiero) si struttura trascendentalmente (
e kantianamente) per mezzo di categorie (vale a dire forme invarianti del
pensiero) come l'io, lo spazio, il tempo, la causalità, ecc. Queste strutture
fondamentali dello spirito sono presenti in tutte le forme simboliche, sebbene
tale loro fissità implichi di volta in volta configurazioni differenti: si
tratta, perciò, di diversi modi di darsi una struttura invariante. Per fare un
esempio, lo spazio estetico ha caratteri eterogenei rispetto allo spazio
scientifico e anche rispetto allo spazio mitico, così come differiscono spazio
scientifico e spazio mitico; in particolare, l'intuizione mitica dello spazio è
uno spazio mitico, concreto: si configura come una distinzione tra sacro e
profano che dà vita a uno spazio, tendente all'universalità (e in ciò differisce
dallo spazio geometrico), che è una forma di organizzazione, è insomma una sorta
di "spazio strutturale". Sulla base di queste sue convinzioni, Cassirer è alla
ricerca di uno schema che sia in grado di ordinare le cose attraverso le
categorie. Mito e scienza per Cassirer sono modalità di comprensione del mondo
dotate di specifica e irriducibile identità; esisterebbe tuttavia un rapporto
gerarchico tra mito e scienza, e il mito sarebbe inferiore in quanto valutato da
Cassirer meno razionale della scienza. Secondo Cassirer il mito rappresenta la
forma spirituale che porta a conoscere il senso dell'io e del tu e il senso
dell'io e del mondo. Il mito ha quindi un proprio
significato preciso, da non confondere con quello delle altre forme spirituali.
Per Cassirer sarebbero individuabili due filosofie della mitologia: 1) quella di
Schelling; 2) quella positivistico-psicologico-sociologica. Cassirer, elogiando
Schelling, sostiene che suo merito grande fu quello di porsi per primo il
problema del mito, nel quale vide l'espressione dello spirito. Cassirer critica
invece lo studio positivistico della mitologia, riscontrandovi una
giustificazione della forma culturale mitica a partire unicamente dalla storia e
dall'organizzazione sociale. Cassirer oppone all'interpretazione positivistica
del problema mitico una riflessione trascendentale che si sforza di non
dipendere dall'esterno, dalla società e dalle influenze storiche. Questo è il
cuore, l'essenza della filosofia delle forme simboliche Cassirer: la ricerca
delle condizioni di possibilità del fatto culturale. In altre parole, Cassirer
effettua una critica della coscienza mitica; ed è una critica in senso lato, non
negativo. Il mito per lui è un modo di conferire significato alla realtà,
essendo il mito a suo avviso una produzione spirituale, e non un coacervo di
elementi privi di senso intrinseco e relazioni reciproche. Si è visto che
Cassirer considera il mito dotato di una propria logica, nonostante esso si
configuri ancora come una forma pre-scientifica del pensiero. E il mito è una
forma pre-scientifica, e non pre-logica, di pensiero dal momento che possiede
una legalità trascendentale fondamentalmente affine alla strutturazione
essenziale tipica del pensiero scientifico. Cassirer si occupa del mito nel
secondo dei suoi quattro volumi dedicati alle forme simboliche. La sua maggior
preoccupazione critica consiste nello studiare le strutture logiche portanti del
mito, vale a dire le forme di elaborazione mitica del mondo, ma senza
riscontrare sostanziali differenze fra la concettualizzazione scientifica e la
concettualizzazione mitica, considerate semplici tappe di un processo di
razionalizzazione e di astrazione dei linguaggi umani e, più in generale, del
mondo. Cassirer trascura l'analisi del prodotto mitico per dedicarsi
all'indagine delle forme in cui il mito sorge, valorizzando quindi, in primis,
le condizioni che permettono la sua nascita. E' convizione di Cassirer che i
numeri razionali abbiano valore perché posti in serie e, dunque, in relazione
gli uni con gli altri. Nel 1922 egli si chiede se anche il mito sia da
considerarsi un concetto seriale oppure se si tratti di un concetto-genere. La
risposta è perentoria: il discorso mitico è da intendersi come concetto seriale,
in quanto diretto a ordinare il molteplice; in altre parole, il mito non ricopia
la realtà, ma piuttosto la struttura. Anche nello studio del mito, perciò,
Cassirer palesa un'impostazione trascendentale diretta a studiare le condizioni
che permettono la nascita di determinati "fenomeni" nella storia e nelle diverse
culture, anziché limitarsi a enumerarne acriticamente e disordinatamente le
variopinte forme via via assunte. A parere di Cassirer, inoltre, il mito non può
che essere una forma pratica, visto il suo intimo legame con la vita dell'uomo,
col suo operare, oltre che col suo pensare e strutturare il mondo. Il mito è, in
senso forte, una modalità (la modalità "antica", di comprensione del mondo).
Rileva Cassirer che la prima strutturazione del mito è data dallo spazio, dal
tempo e dal numero visti miticamente. Grazie al mito l'uomo antico pervenne a
comprendere il senso mitico dell'io e dell'intersoggettività (io e non-io,
regole comuni di vita accanto agli altri e con gli altri in comunità). In
Cassirer è riscontrabile una dialettica della coscienza mitica; esistono
rapporti tra religione e mito, anche se - a dire il vero - quando viene a
predominare il momento religioso il superamento della visione mitica è ormai
inesorabimente in atto. Nel mito i simboli sono essenziali per la comprensione,
mentre nella religione si fa maggiormente largo la razionalità a scapito del
simbolo: il numero meno cospicuo di simboli utilizzati dalla religione non
impedisce però che essi siano usati con più consapevolezza e per supportare una
certa idea di divinità, così come questa immagine emerge dai testi sacri (si
tenga presente che nelle considerazioni di Cassirer la religione contemplata di
preferenza è quella ebraica). Secondo Cassirer lo spirito, possedendo una forte
propensione naturale a strutturare la realtà, dà vita a forme simboliche, quale
ad esempio il mito, che è da considerarsi a pieno titolo una forma di
oggettivazione dello spirito. Per il Cassirer del 1922 la funzione mitica, vale
a dire l'operare con concetti, è spontanea, dal momento che lo spirito
tenderebbe a suo avviso a informare di sé la realtà, strutturandola, alla
stregua di quanto avviene nel campo scientifico. Per questa ragione, Cassirer
indaga le strutture (trascendentali) del pensiero mitico. A giudizio di
Cassirer, le forme simboliche nascono per dar risposta alle scienze dello
spirito, le quali corrispondono propriamente alle scienze del mondo umano. Sullo
sfondo c'è chiaro in Cassirer l'intento di pervenire a un' unità delle scienze , tanto delle scienze della natura quanto
delle scienze dello spirito: già nel 1910, in Sostanza e funzione , egli
aveva infatti confutato le tesi di Richer, il quale riteneva che le scienze
storiche sarebbero in grado di cogliere soltanto l'individuale, in contrasto
netto con le scienze della natura che parlerebbero dell'universale; per Cassirer
il concetto, lungi dall'essere "genere", è piuttosto "seriale", concetto
"funzione", e dunque, potendo cogliere l'individuale, priva di senso la
distinzione di Richer. Il mondo umano e il mondo naturale possono allora trovare
un loro dialogo nella filosofia proposta da Cassirer, perché nelle sue
concezioni si riconosce nello spirito la capacità attiva di strutturare la
realtà in ogni campo, conferendo così significato alla realtà stessa. In
Cassirer riscontriamo quindi una teoria del concetto che anela ad unificare il
mondo della natura e il mondo della storia. In quanto sensibile rappresentato
nello spazio e nel tempo, l' intuizione si colloca come
tappa intermedia fra sensibile e intelligibile. Per Cassirer l'intuizione
sfrutta la corporeità, attraverso la quale sarebbe possibile introdursi alla
conoscenza il mondo. Mentre lo spazio permette immediatamente di collegare l'Io
e il mondo, la determinazione di tempo fatica ad essera appresa con la stessa
rapidità, come dimostra con tutta evidenza il bambino, da subito in grado di
capire il riferimento all'oggetto indicato, ma in difficoltà di fronte a
collocazioni cronologiche di eventi. Negli ultimi (e più maturi) stadi di
sviluppo dei codici linguistici, la parola e il numero prendono il sopravvento
grazie alla loro fondamentale capacità d'identificare una cosa che può anche non
essere presente in quell'istante (ammesso, ovviamente, i riceventi del messaggio
abbiano accesso al codice utilizzato: ogni lingua, infatti, simbolizza con
vocaboli diversi la stessa realtà; è il principale inconveniente legato alla
sempre maggior astrattezza del linguaggio). Humboldt fornisce a Cassirer l'idea
che il linguaggio non sarebbe un'opera compiuta, ma piuttosto un'attività.
Entrambi ritengono che compito prioritario del filosofo sia la ricerca di un
metodo adeguato per studiare il linguaggio (problema epistemologico). Come
abbiamo già notato più volte, osservare le cose in un'ottica di processo e
l'indagine dell'attività dello spirito attraverso lo studio del linguaggio sono
i pilastri della filosofia delle forme simboliche di Cassirer. Guardiamo più a
fondo la questione. Cassirer parla di tre fasi di maturazione
del linguaggio :
1) fase "sensibile";
2) fase "intuitiva";
3) fase del "pensiero concettuale".
Quest'ordine di sviluppo, fisso, si deve intendere valevole tanto per il
terreno ontogenetico quanto per quello filogenetico. Nello studio della fase
sensibile del linguaggio, Cassirer si serve sovente di analogie col linguaggio
dei bambini e degli animali, fondati sulla gestualità. Nel caso specifico dei
bambini, si tratta di una gestualità che indica e imita quella dell'uomo adulto;
l'animale, invece, pur essendo assolutamente incapace di indicare, impara presto
a imitare, ma in forme proprie e affatto diverse dalle forme tipicamente umane
di imitazione, fondate sulla comprensione del complesso e dinamico contesto
culturale vigente. Cassirer suddivide l'"espressione" dall'"impressione": la
prima equivarrebbe all'impronta creativa dello spirito, mentre la seconda
rimanderebbe più direttamente a una concezione sensistica della realtà. Il
concetto di espressione è molto importante nel lavoro di Cassirer e, per quanto
concerne la prima fase di maturazione del linguaggio, egli ritiene di dover
discernere tre tappe del linguaggio parlato: " espressione
mimica ", costituita da onomatopee (i sentimenti, però, sono espressi in
forme diverse: ogni popolo, ad esempio, esterna diversamente il dolore); " espressione analogica ", che comincia a staccarsi dal
sensibile (come quando si dice, ad esempio, "il tran tran della vita"); " espressione simbolica ", grazie alla quale compaiono i
simboli, in larga parte slegati dal sensibile e quindi incapaci di richiamare
im-mediatamente l'oggetto concreto che si vuol significare (se, ad esempio, non
conosco un determinato codice linguistico i vocaboli che leggo o sento
pronunciare in quella lingua non mi indicano alcunché). Secondo Cassirer i
simboli (cioè, in senso lato, il linguaggio) non sono il riflesso, la
riproduzione delle cose. La sua filosofia delle forme simboliche contrasta,
quindi, le pretese della diffusissima Abbildtheorie, inaugurata di fatto da
Democrito e dagli Stoici, e rielaborata poi nel Medioevo da Tommaso e nell'Età
moderna da Berkeley. In questo seguace ideale di Kant, Cassirer non intende la
conoscenza come copia, in quanto non crede che l'uomo possa arrivare all'in-sé
delle cose. Il segno, anziché rimandare alla cosa pura, sarebbe la costruzione
delle cose. Secondo Cassirer per illustrare icasticamente il processo della
conoscenza, l'abusata metafora dello specchio quindi non calzerebbe, almeno
nella forma consueta: la si può tuttavia ribaltare ad hoc, asserendo che il
linguaggio è lo specchio di noi stessi, della coscienza delle cose, e non lo
specchio delle cose stesse. Compito del filosofo è perciò quello di esaminare il
linguaggio allo scopo di rinvenire in esso tracce dei meccanismi del pensiero
che hanno reso possibile e generato i simboli così come si presentano. Ritenendo
che i nostri modi di pensare permangano in tracce nel linguaggio, Cassirer
studia dunque il linguaggio per attuare la morfologia dello spirito; tuttavia,
non si comprende bene se il linguaggio a suo avviso debba essere considerata
come la forma privilegiata per l'esplicitazione dello spirito. Già dai primi
anni di studio delle forme simboliche, Cassirer afferma che con "espressione
simbolica" si deve intendere espressione di una realtà spirituale compiuta
attraverso segni o forme simboliche (come, ad esempio, il linguaggio), laddove
una "forma simbolica" è intesa come ogni forma che si va oggettivando per mezzo
segni sensibili. Maturando le sue concezioni, Cassirer indica la "forma
simbolica" come ogni energia spirituale legata a un simbolo (arte, linguaggio,
ecc.). A suo avviso - e sulla scorta di una lunga tradizione filosofica in
materia -, qualsiasi rapporto umano con la realtà non può che essere mediato; da
questa convinzione trae la sua condizione di possibilità la filosofia delle
forme simboliche, e cadono invece le istanze vitalistiche che considerano la
vita coincidente con la forma: riprendendo Hegel, Cassirer ritiene che l'uomo
possa soltanto ritradurre la realtà nel linguaggio dello spirito. E il simbolo
non sarebbe altro che il mezzo di cui lo spirito si serve per mantenere il suo
rapporto mediato con la realtà. Il rapporto simbolico è dinamico: arte, scienza,
linguaggio, mito, ecc. sono stadi dello sviluppo dell'espressione simbolica: la
conoscenza scientifica è la forma più astratta, mentre il mito è ricollegabile
direttamente all'intuizione, alla sensibilità. A questo riguardo, mediante la
sua filosofia delle forme simboliche, Cassirer vanta una finalità precisa,
assiologica, quella di liberare il simbolo dalla sensibilità, come a dire che il
linguaggio scientifico appartiene a una fase più evoluta, "moderna", della
storia dell'umanità. In questo, Cassirer si dimostra più "ottimista" di Warburg,
il quale, dichiarando che non esiste una tal connessione teleologica fra i
diversi codici simbolici, sottolinea che la storia vede continuamente uno
scontro serrato fra simboli mitici e simboli scientifici. A una realtà dove il
predominio della ragione non è mai scontato non crede tuttavia Cassirer, che
anche nell'astrologia riscontra un (prematuro) tentativo di scoprire i nessi
causali tra i fenomeni, quasi fosse l'astrologia la progenitrice diretta della
concezione scientifica della realtà emersa poi con forza a partire dall'Età
moderna. A partire dal secondo decennio del Novecento, nell'elaborazione di
taluni concetti inerenti alla sua filosofia, Cassirer sembra risentire non poco
del magistero goethiano, ad esempio quando egli definisce morfologia dello
spirito le forme simboliche. Nel 1916 Cassirer contrappone
Goethe a Hegel , rimproverando a quest'ultimo di aver partorito un
universo assoluto, strettamente vincolato ai limiti fissati alle possibilità del
pensiero soltanto per chiudere, con estrema arroganza intellettuale, il proprio
sistema filosofico. Negli stessi anni, come appare in Libertà e forma ,
all'avvicinamento di Cassirer a Goethe si affianca il recupero del Kant della
Critica del Giudizio . In Vita e dottrina di Kant (1918) Cassirer
conferma una prossimità ideale con la seconda parte della Critica del
Giudizio , in cui Kant si occupa di forme viventi, dell'individuo e
dell'organismo (lungi dal risultare alla stregua di una mera somma di parti, si
configurerebbe come il tutto che sovrasta le parti), in particolare di quegli
organismi complessi che sono le culture. Rafforzando certe tesi kantiane,
Cassirer intende impostare uno studio filosofico della cultura, di cui tutto
farebbe parte, dal linguaggio al mito, dalla scienza all'arte, ecc. Se pensiamo
che per Cassirer la cultura non è altro che l'oggettivazione dello spirito - in
senso lato - in forme simboliche, sarà più agevole comprendere le ragioni del
suo spiccato interesse per i codici attraverso cui si esprimono le
oggettivazioni dello spirito, appunto il mito, il linguaggio, la tecnica, ecc.
Tuttavia, l'elenco di questi codici non trova una sua sistemazione ultima,
definitiva, negli studi di Cassirer, tanto che in opere diverse compaiono di
frequente elenchi in parte eterogenei. Esiste una continuità di fondo tra
neokantismo di Marburgo e filosofia delle forme simboliche di Cassirer, in
quanto il metodo di approccio alla realtà si rivela il medesimo. Studiando la
filosofia delle forme simboliche è quindi necessario far riferimento agli esordi
accademici di Cassirer sotto la guida dei celebri Cohen e Natorp. Di filosofia
della cultura si parlava già alla fine dell'Ottocento, epoca in cui si andò
formando il giovane Cassirer: l'obiettivo era quello - come si affermava - di
aprire all'indagine e alla speculazione la "totalità dello spirito oggettivo",
approfondendo non solo gli aspetti razionali, interesse esclusivo di Kant, ma
criticando la cultura tutta, compreso aspetti eterogenei e "superati" come il
mito. Il primo Novecento tedesco prestando particolare attenzione alla "totalità
dello spirito oggettivo" testimoniava la coeva rinascita dell'Hegelismo, tanto
che lo stesso Cassirer avrebbe presto rivalutato testi come la Fenomenologia
dello spirito , aperto a temi diversi e ricco di prospettive giudicate
feconde dal punto di vista filosofico. Pur stimolata dal pensiero di Hegel, la
scuola di Marburgo accusava tuttavia la sua dialettica di uccidere lo spirito
oggettivo. Il neokantismo pensava che la filosofia fosse in grado di dare unità
alla cultura; Cassirer si spinse oltre e cercò, tra il 1910 e il 1920 circa, di
approfondire i fondamenti storici della "sua" filosofia delle forma simboliche,
prendendo però le distanze dai suoi maestri già a partire dalle loro posizioni
intorno a una presunta superiorità culturale della Germania contemporanea, e
quindi di una missione teutonica da esplicarsi su scala universale. La riforma
del neokantismo di Marburgo attuata da Cassirer s'incentrò sulla rilettura di
Goethe, che egli giudicò superiore a Kant e che in breve tempo divenne quasi il
patrono e il nume tutelare della costituenda filosofia delle forme simboliche.