Apollo

Il terzo libro della Repubblica

Critica alla teologia omerica
La lexis (modalità di espressione e di trasmissione dei contenuti del discorso) dei poeti
"Imitazione" e educazione
Musica ed educazione
Sophrosyne e eros
L'educazione del corpo
Il racconto fenicio
A cura di M. C. Pievatolo

Critica alla teologia omerica

Socrate continua a descrivere l'educazione dei cittadini-soldati, o guardiani, che è finalizzata a trasmettere virtù tradizionali, funzionali al ruolo militare, come il coraggio, la veridicità e la sophrosyne. E continua a criticare i contenuti dei poemi omerici, accusandoli di trasmettere una teologia ingannevole e antieducativa, come già si diceva nel II libro. [386a ss]

Per comprendere il senso di questo attacco alla poesia in un libro di filosofia politica, dobbiamo tener presente la tesi di Havelock sul ruolo "enciclopedico" della poesia in una cultura prevalentemente orale: i poeti non sono artisti creativi, che lavorano di fantasia, ma sono coloro che conservano e tramandano un patrimonio culturale mnemonico. Per questo Socrate li critica da un punto di vista pedagogico e scientifico riservando loro un trattamento che, nella nostra prospettiva, sembrerebbe appropriato se si parlasse non di artisti, ma di educatori, scienziati e divulgatori. Se la Repubblica viene intesa come il libro della cittadinanza, i problemi pedagogici non solo sono problemi politici, ma sono i problemi politici per eccellenza.

Solo nell'ultimo terzo del V secolo la scrittura diventa parte dell'istruzione elementare, mettendo in discussione il tradizionale monopolio della corporazione alfabetizzata dei poeti. Platone, proprio come Marshall McLuhan, è consapevole di vivere una rivoluzione mediatica. La diffusione della scrittura mette in gioco il primato culturale detenuto dai poeti, e introduce la possibilità di comunicare ragionamenti astratti e sintatticamente strutturati.
Questa rivoluzione può avere, sul sapere, un effetto "democratizzante": chiunque sia alfabetizzato può informarsi da sé, senza ricorrere alla mediazione personale del poeta. Ma può anche introdurre una nuova tecnocrazia: la conoscenza, che prima era un patrimonio partecipativo, ora è appannaggio di coloro che sanno leggere e hanno il tempo (e il denaro) per farlo.
Anche per questo, le rivoluzioni mediatiche sono di per sé questioni politiche.


A questo punto, Socrate ricorda che non ha ancora affrontato la questione fondamentale del dialogo, e cioè che cosa sia la giustizia: ha solo parlato di dei, eroi ed oltretomba, ma non di uomini. Degli uomini si potrà parlare solo una volta capito che cosa sia la giustizia, e non prima.
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La lexis dei poeti

Per parlare di giustizia, occorre elaborare strumenti concettuali adeguati. Per questo, Socrate sposta il suo esame dall'oggetto della poesia alla sua lexis, cioè al modo in cui si esprime, comunicando il suo contenuto. [392c ss] Questa indagine può sembrare una digressione, ma non lo è: le modalità di espressione e di trasmissione di un argomento condizionano sia il modo in cui viene pensato, sia i suoi effetti sulla vita politica.

Quello che è raccontato o detto (leghetai) dai narratori di miti (mythologoi) e dai poeti è narrazione di cose passate, presenti o future. Ai diversi tipi di narrazione, classificati secondo questo criterio, corrispondono diversi generi letterari.


Tipi di narrazione e generi letterari
narrazione semplice cui corrisponde come genere letterario: poesia in cui è lo stesso autore a raccontare (ditirambo)
narrazione
per mímesis
cui corrisponde come genere letterario: poesia che si fonda
interamente sull'imitazione
(tragedia e commedia)
narrazione in ambedue le forme cui corrisponde come genere letterario: poesia mista, che alterna immedesimazione ed esposizione (poesia epica e altri generi) [394b-c]

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Imitazione e educazione

La differenza fra la narrazione semplice e quella "mimetica" è simile alla differenza fra discorso indiretto e diretto: nel primo caso il poeta distingue se stesso, come voce narrante, dalle vicende e dai personaggi di cui racconta; nel secondo si immedesima con ciò che racconta e con i suoi personaggi, parlando con la loro voce, nascondendosi (apokrypto) alla vista, per così dire.[393c-d]

La capacità di "nascondersi", cioè di celare la personalità dell'autore, dà a ciò che si racconta un carattere di "realtà" e di autorevolezza, proprio perché il poeta non mette in mostra che sta pur sempre riferendo qualcosa dal suo punto di vista. Questa circostanza rende particolarmente pericolosa l'arte mimetica, che agisce con la stessa illusione di realtà di un notiziario televisivo: anche in questo caso, chi lo guarda tende a dimenticare che le immagini e le notizie presentate sono riprese dalla prospettiva di chi ha la telecamera in mano, e sono frutto di una selezione in base a criteri non sempre - o quasi mai - resi noti allo spettatore.


A questo punto Socrate sembra cambiare prospettiva, perché chiede a Adimanto se i guardiani devono o no essere "mimetici", cioè devono essere in grado di imitare molteplici aspetti e frazioni della natura umana, e lo induce a rispondere negativamente. I guardiani hanno un ruolo specializzato (v. Eraclito DK B 40), e devono dedicarsi a quello; pertanto, se proprio devono imitare qualcosa, deve essere loro presentato come modello solo l'uomo virtuoso. [394e ss] "Nella nostra politeia non esiste uomo doppio né multiplo, poiché ciascuno fa una cosa sola." [397e]

Socrate passa dalla prospettiva dell'autore a quella dell'esecutore e del pubblico come se fra queste prospettive ci fosse una continuità, anzi, quasi un'identità. La poesia della tradizione orale richiedeva una simile continuità, proprio perché essa non era pensata come esistente in un testo scritto, prodotto del lavoro creativo di un autore, ma perdurava solo come patrimonio collettivo, nella memoria tramandata oralmente: esisteva, dunque, solo in quanto veniva eseguita e riusciva a coinvolgere gli spettatori, facendosi ricordare. Per questo autore, esecutore e pubblico possono essere pensati come immedesimati in un unico e corale processo mimetico. Ma il nuovo sapere concettuale, connesso alla scoperta della scrittura come strumento di trasmissione culturale. richiede, nello stesso tempo, personalità e specializzazione: il tempo della memoria cede il passo a quello dell'elaborazione critica.

E' dunque essenziale fare i conti con tutti gli strumenti di cui si valgono i poeti per incatenarci al ricordo e al passato: Socrate, perciò, dopo aver affrontato la lexis, si occupa anche del canto e della melodia, chiedendosi quali armonie e quali ritmi si addicono ai guardiani. [398c ss] Se si mira a rendere attraente la sophosyne, l'armonia dovrà essere semplice, e il ritmo elegante e controllato. [401a]

Per capire l'attenzione che Socrate dedica alla musica in senso stretto, occorre tener presente che il poeta cantava, accompagnandosi con uno strumento, non soltanto per riuscire più gradevole, ma per imprimere delle nozioni nella mente degli ascoltatori. Armonia e ritmo rendono più facile il ricordo, perché fanno sì che l'apprendimento mnemonico non sia una attività esclusivamente mentale, ma coinvolga tutto il corpo, in modo da sviluppare degli automatismi contemporanemente psichici e fisici.
Un poeta consapevole della sua funzione, come Esiodo (VIII-VII sec. a.C.), non si limita a invocare una musa "specializzata" nella poesia, ma pone all'inizio della sua Teogonia un inno alle Muse, che le celebra tutte e nove, nella complessità delle loro funzioni "artistiche" e politiche.

La mousiké, nel suo senso ampio di complesso di arti cui presiedono le Muse, è - dice Socrate - uno strumento essenziale per l'educazione dei cittadini, perché, fin da bambini, li guida senza che se ne accorgano all'apprezzamento disinteressato (philia) e alla consonanza (symphonia) con la bella ragione (kalos logos). [401d] In questo modo, il bambino acquisirà una propensione ad apprezzare il (moralmente) bello e a disprezzare il (moralmente) brutto, prima di essere in grado di afferrarne il logos. [402a] Mentre i bambini vengono indirizzati alla virtù senza che se ne rendano conto, chi li educa deve avere presenti gli eide (immagini) della sophrosyne, del coraggio, della eleutheriotes (generosità), della magnanimità e delle altre virtù sorelle. [402c]


Il progetto educativo presentato da Socrate nel III libro della Repubblica comporta un doppio livello di conoscenza: gli educandi rimangono esposti alla poesia, il cui contenuto è però censurato e controllato da chi detiene una conoscenza razionale. Se la giustizia comporta un ideale di autonomia come autogoverno di sé, come può essere compatibile con questo doppio livello di conoscenza, razionale per gli educatori ma non per gli educati? Se la poesia è una forma di manipolazione, perché accoglierla nella città come strumento educativo ?
In questa domanda c'è un elemento di complicazione: i bambini ricevono comunque un'educazione che ha poco a che vedere con la loro volontà, perfino qualora li si voglia educare ad essere autonomi: se Socrate non si fosse posto il problema dell'educazione dei bambini, avrebbe tacitamente accettato di abbandonarli all'educazione tradizionale, il cui risultato era il tipo di persona presupposta dalla giustizia di Trasimaco. D'altra parte, ci si può chiedere anche se questo progetto educativo non dia, in un certo senso, ragione alle tesi di Trasimaco: la giustizia è una manipolazione del forte sul debole che comporta, in ogni caso, un inganno.

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Sophrosyne e eros

Socrate passa a trattare il tema del rapporto omoerotico fra amante ed amato, cioè fra un uomo più anziano e un ragazzo, che veniva giustificato, nell'Atene del suo tempo, come una istituzione educativa. L'eros veniva correntemente visto come una mania (follia); e non ricadeva nell'ambito della morale, se non per quanto concerneva il controllo patriarcale sulle donne, e i rapporti "romantici" con ragazzi figli di cittadini. Socrate, di contro, propone un modello di eros, che consiste nell'amare ciò che è armonioso e bello in una maniera temperata e "musicale"; l'abbandono al piacere deve essere bandito. [402e ss]

La posizione del Socrate della Repubblica sull'eros, cioè sull'amore sensuale, è anticonformista rispetto alle convinzioni del suo tempo. Non accetta la violenza e la mancanza di autocontrollo, cioè di autonomia, che segue al vedere l'eros come una potenza extramorale, e chiede che il soggetto più debole, l'amato, venga trattato con rispetto. L'eros deve essere controllato dalla sophrosyne perché è, in sostanza, una forma di pleonexia, basata sulla pretesa di imporre le proprie voglie ad altre persone, ridotte a giocattoli per il proprio divertimento.

Le tesi di Socrate sull'eros e sulla mousiké sono coerenti fra loro?
  • Se leggiamo la tesi di Socrate sull'eros inserendola in un progetto generale di controllo delle passioni, possiamo dire che la limitazione socratica dell'eros è coerente con il suo progetto di censura sulla poesia.
  • Se interpretiamo questa tesi inserendola in un progetto politico di educazione alla sophrosyne come auto-controllo del cittadino, la mousiké e l'eros socratico configurano due prospettive diverse: l'educazione "musicale" è una manipolazione benintenzionata, quella dell'amante, come lo vorrebbe Socrate, appare differente: l'amante deve astenersi letteralmente dalla manipolazione dell'amato, che deve essere oggetto di philia, cioè di affezione disinteressata. [403b]

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L'educazione del corpo

Dopo essersi occupato dall'educazione dell'anima, Socrate si occupa di quella del corpo, che è oggetto della ginnastica e della medicina. Anche questo ramo dell'educazione ha di mira la sophrosyne, che qui è il controllo del proprio corpo tramite l'esercizio e la capacità di comportarsi responsabilmente, in modo da rivolgersi al medico solo perché si è malati e si può e si vuole guarire.[403d ss]

Il rapporto con il corpo proposto da Socrate è molto diverso da quello instaurato dalla medicina moderna: il corpo non va visto come una macchina, ma come un organo connesso all'anima del paziente e alla sua capacità di autogovernarsi. Questa prospettiva esclude sia quello che oggi è detto accanimento terapeutico, sia una pratica della medicina che accetti supinamente i comportamenti irresponsabili del paziente. Ginnastica e medicina fanno parte dell'educazione della psiche proprio perché il corpo può essere compreso e indirizzato soltanto se integrato con l'anima. In questa prospettiva, la medicina e la ginnastica non sono tecniche bensì technai: non contengono, cioè, una collezione di regole da applicare meccanicamente, per manipolare dei corpi avulsi dal loro rapporto col mondo, ma una modalità consapevole di interazione col mondo e con gli altri. Per questo Socrate insiste sull'importanza del rapporto personale fra medico e paziente.



Analoga alla medicina è l'arte giudiziaria: l'eccessivo ricorrere a giudici e a avvocati è paragonabile all'eccessivo ricorrere al medico.

Non ti sembra una vergogna e un notevole indizio di ineducazione (apaideusia) ricorrere a un dikaion preso a prestito da altri, come padroni e giudici, in mancanza di risorse personali? [405b]


La giustizia è in primo luogo un ideale di autocontrollo personale e politico. Per questo motivo non si può ridurre a una tecnica giudiziaria paternalistica. La diffidenza del Socrate "platonizzante" della Repubblica per il diritto e i tribunali può essere messa in connessione con l'argomento contro la coercizione esposto, nell'Apologia, da un Socrate forse più vicino alla sua immagine storica: la legge è fatta dagli uomini, per risolvere problemi che sorgono nel mondo degli uomini. Per questo trattare "il diritto" come un sistema impersonale, avulso dalla società, dalle relazioni e dalle scelte compiute dalle persone equivale a una fuga politica e morale dalle proprie responsabilità. Allo stesso modo, trattare il corpo come una macchina, il cui funzionamento non ha nulla a che vedere con le scelte e le responsabilità di chi lo vive equivale a consegnare il paziente al paternalismo dei medici.
Ovviamente, il senso di questa critica al diritto varia a seconda del grado di autonomia delle persone nel mondo sociale, e della maggiore o minore presenza, in esso, di tipi di coercizione e manipolazione non giuridici.

Fra i guardiani, i governanti (archontes) saranno coloro che daranno maggior prova di autonomia come capacità razionale di autogoverno; gli altri guardiani saranno il loro ausiliari. [414a] Questa selezione comporta l'istituzione di un gerarchia di governanti, ausiliari (guerrieri) e semplici cittadini (artigiani), che può essere confrontata con la struttura delle caste prevista nel Sanatana Dharma (induismo). Questa gerarchia deve essere legittimata.

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Il racconto fenicio

La tensione fra l'ideale della sophrosyne come autogoverno, da una parte, e la manipolazione educativa, dall'altra, che percorre tutto il III libro, si manifesta, alla fine, in un mito dichiaratamente falso: il cosiddetto racconto fenicio, la "nobile menzogna" che serve a persuadere governanti e governati della legittimità della struttura politica e sociale cittadina. [414b ss]
Governanti e ausiliari saranno sottoposti a una rigida disciplina, di tipo spartano: dovranno fare una vita comunitaria, e non dovranno avere proprietà, in modo da non avere nessun interesse personale, che li trasformi, da alleati, in padroni odiosi per i loro concittadini. [417a-b]


Il carattere del soggetto morale, che Trasimaco trattava come qualcosa di naturale, è un prodotto storico ed educativo. Ma non si dà educazione senza manipolazione.


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