LA REPUBBLICA
BREVE INTRODUZIONE
Libro 1. Durante le feste Bendidie, Socrate si reca con Glaucone e altri a casa di Cefalo. Questi inizia a discutere con
Socrate sui presunti svantaggi e sui benefici della vecchiaia, dichiarando che le ricchezze aiutano l'uomo a sopportare l'età
senile e a comportarsi in modo giusto. Il discorso quindi si incentra sull'essenza della giustizia.
Polemarco sostiene che la giustizia consiste nel fare del bene agli amici e del male ai nemici; Socrate confuta questa
tesi mostrandone i paradossi, e pone l'accento sulla necessità di distinguere i veri amici e i veri nemici da coloro che
sembrano tali, ma non lo sono. Aggiunge che chi danneggia rende sempre peggiore il danneggiato, e questo non può
essere l'obiettivo del giusto. Qui irrompe nel dialogo Trasimaco, che con un intervento aggressivo afferma che la giustizia
consiste nell'interesse del più forte, cioè di chi detiene il potere. Prima obiezione di Socrate: i più forti possono anche
sbagliare, cosicché obbedire loro potrebbe significare danneggiarli.
Trasimaco replica che i governanti, quando esercitano la loro arte con competenza, non sbagliano mai. Seconda
obiezione di Socrate: ogni arte non persegue il proprio utile, ma l'utile di ciò cui si rivolge.
Trasimaco insiste: la giustizia è un bene altrui, mentre l'ingiustizia giova a se stessa; per questo è superiore alla
giustizia e l'ingiusto gode di una vita più felice del giusto. Socrate ribadisce che ogni arte è disinteressata; se chi pratica
un'arte ne trae un guadagno, ciò è dovuto al fatto che egli pratica insieme anche l'arte mercenaria.
Perciò il vero uomo politico non mira al proprio interesse, ma a quello dei sudditi, e non accetta di governare per
ricevere un compenso.
Dato che Trasimaco identifica l'ingiustizia con la virtù, Socrate lo porta ad ammettere che il giusto non cerca di
prevalere sul giusto, ma solo sull'ingiusto, l'ingiusto invece cerca di prevalere su entrambi; non si può quindi attribuire
all'ingiustizia la sapienza e la virtù, poiché in tutte le attività chi è competente (e quindi sapiente) cerca di prevalere solo
su chi è incompetente. L'ingiustizia indebolisce l'azione degli uomini, rendendoli discordi tra loro e invisi agli dèi. Posto
che ogni cosa ha una sua funzione e una sua virtù, grazie alla quale può fare ciò che è meglio, la funzione e la virtù
propria dell'anima è la giustizia; quindi solo l'anima giusta è felice.
Libro 2. Intervento di Glaucone, che distingue tre categorie di beni: quelli che si desiderano solo per se stessi, quelli
che si desiderano anche per i vantaggi che procurano, quelli che si desiderano solo per questi ultimi. La giustizia, secondo
Socrate, rientra nella seconda categoria, ma l'opinione comune, di cui Glaucone si fa portavoce, la colloca nella terza.
Glaucone con un discorso provocatorio finge di sostenere la tesi di Trasimaco: il massimo desiderio dell'uomo è
commettere ingiustizia restando impunito e la paura più grave è subire ingiustizia senza potersi vendicare; chi non
commette ingiustizia lo fa solo per timore delle conseguenze. Adimanto intenzionalmente reca altri argomenti a favore di
Trasimaco: gli uomini in realtà non lodano la giustizia, ma la reputazione di uomo giusto; la condizione migliore è
dunque quella di un'ingiustizia mascherata da giustizia. Socrate allora propone di analizzare la giustizia nell'ambito più
ampio dello Stato e delinea una città semplice e primitiva, costituita da contadini, artigiani e commercianti e basata su una
precisa divisione dei compiti. Glaucone reclama uno Stato più ricco, il che però comporta un ampliamento della città; ciò
implica l'esercizio della guerra, e di conseguenza la creazione della classe dei guardiani, dedita alla difesa della città. I
guardiani devono essere miti e animosi a seconda delle circostanze, nonché amanti del sapere. Si pone quindi il problema
della loro educazione, che sarà innanzi tutto musicale e ginnica. Quanto all'educazione musicale, bisogna eliminare dalla
città tutte le opere poetiche che danno un'immagine distorta di dèi ed eroi, presentandoli immersi nei vizi e nella
malvagità. La divinità, essendo buona e perfetta, può compiere solo azioni buone e non subisce metamorfosi.
Libro 3. Poiché i guardiani vanno educati al coraggio e alla temperanza, bisogna rigettare le poesie e i miti che
suscitano paura della morte e offrono rappresentazioni sconvenienti e mendaci di dèi ed eroi; solo i governanti hanno il
diritto di mentire ai sudditi a fin di bene. Socrate distingue tre forme di poesia: narrativa, imitativa e mista. I guardiani
devono astenersi dall'imitazione, a meno che non concerna un uomo o un'azione virtuosa; ne consegue che il poeta
imitatore non dev'essere accolto nella città ideale. Socrate poi passa in rassegna le armonie, gli strumenti musicali e i
ritmi, indicando quali si addicono ai guardiani e quali no; la loro educazione musicale deve mirare a un ideale di bellezza
attraverso il ritmo e l'armonia.
Il successivo esame dell'educazione ginnica evidenzia i rapporti tra essa e la medicina e permette un confronto tra i
medici e i giudici: i primi, curando il corpo con l'anima, devono avere esperienza delle malattie, mentre i secondi, curando
l'anima con l'anima, devono avere l'anima incorrotta. Sia i medici sia i giudici non devono lasciar vivere il corpo o l'anima
inguaribile; mantenere in vita corpi incapaci di svolgere la propria funzione è infatti esiziale per la città. L'educazione
ginnica deve sviluppare più la forza morale che quella fisica e deve pertanto contemperarsi con l'educazione musicale.
Per esporre i criteri di scelta dei guardiani, Socrate ricorre al mito della nascita degli uomini dalla terra e della loro
distinzione in tre classi: aurea (governanti), argentea (guerrieri), bronzea (prestatori d'opera). Seguono alcune prescrizioni
circa la vita dei guardiani, che sono esclusi dalla proprietà privata, hanno alloggio e vitto in comune e sono mantenuti a
spese dello Stato.
Libro 4. Rispondendo a un'obiezione di Adimanto, secondo cui i guardiani non sono felici, Socrate precisa che la città
ideale mira al benessere della collettività, non di una singola classe; perciò deve evitare l'eccesso sia della povertà sia
della ricchezza, che crea divisioni interne, e avere una giusta estensione territoriale. A tale scopo i guardiani devono
impedire modifiche nell'educazione ginnica e musicale; la legislazione dovrà basarsi su pochi precetti fondamentali,
sanciti da Apollo delfico. La presenza nella città ideale della giustizia viene appurata tramite la ricerca delle tre virtù che
si connettono ad essa: sapienza, coraggio, temperanza. La sapienza è la virtù di coloro che hanno compiti di governo, il
coraggio la virtù dei guardiani dediti alla guerra e alla difesa; la temperanza invece deve risiedere in tutte e tre le classi dei
cittadini. La giustizia consiste nell'assolvere il proprio compito all'interno della città, senza scambi tra le tre classi che
alterino la compagine statale. Socrate dimostra che la giustizia nello Stato è la stessa che nell'individuo, in quanto la
struttura dell'anima è analoga a quella della città, anzi dipende da essa. Vengono quindi distinte le tre facoltà dell'anima:
facoltà razionale, concupiscibile, impulsiva. L'uomo è giusto quando la parte razionale dell'anima, sostenuta da quella
impulsiva, comanda su quella concupiscibile; in caso contrario si ha l'ingiustizia.
Libro 5. Adimanto chiede spiegazioni circa la comunanza di donne e figli.
Socrate affronta la "prima onda", ossia l'identità di compiti e di educazione tra uomini e donne, e spiega che la
differenza di sesso non implica una differenza di attitudini, benché le donne siano più deboli. Viene quindi affrontata la
"seconda onda": la regolamentazione dei matrimoni e delle nascite. I matrimoni dovranno avvenire tra i cittadini migliori,
per mantenere costante la qualità e il numero degli abitanti. I bimbi saranno condotti appena nati in nidi d'infanzia;
bisogna inoltre stabilire un'età per la procreazione ed evitare matrimoni tra consanguinei. Solo questo principio, afferma
Socrate, può garantire la concordia interna e la felicità dei cittadini. I giovani dovranno ricevere un'educazione guerriera
ed assistere alle battaglie per imparare il loro futuro compito; la città dovrà riservare dei premi ai giovani più valorosi.
Socrate aggiunge che essa non combatterà contro altri Greci, data la comunanza di stirpe, e deplora le discordie esistenti
tra le città elleniche.
Si arriva così al problema più arduo, la "terza onda": una tale città implica che i filosofi governino o i governanti
pratichino la filosofia.
Dopo aver definito il filosofo come colui che ama la verità pura, Socrate traccia la differenza tra ignoranza, scienza e
opinione: l'ignoranza è mancanza di conoscenza, la scienza è conoscenza dell'essere, l'opinione è uno stato intermedio.
Libro 6. Il filosofo deve governare perché è il solo a conoscere l'essere e la verità; inoltre è sincero, temperante,
disprezza i beni mondani, apprende con facilità e possiede l'armonia interiore. Adimanto però obietta che i filosofi sono
persone strane e inutili allo Stato. Attraverso l'allegoria della nave Socrate spiega che ciò accade negli Stati esistenti,
governati da demagoghi. Il filosofo non è malvagio, ma l'ambiente in cui vive può corromperlo, poiché anche le migliori
nature sono corruttibili, se male educate; tale azione corruttrice è dovuta al volgo e ai sofisti, indegni seguaci della
filosofia.
Il filosofo si corrompe per compiacere il volgo, e pochi riescono a mantenersi coerenti isolandosi dalla massa.
Nessuna delle costituzioni vigenti conviene alla filosofia: solo la città ideale consente ai filosofi di svolgere la propria
opera e di convincere il popolo, quindi dev'essere governata da loro. L'educazione dei filosofi deve mirare alla disciplina
più alta, avente come oggetto il bene. A questo punto si rende necessaria la definizione dell'idea del bene, di cui Socrate
coglie l'analogia con il sole: come il sole, pur dando vita, colore e nutrimento agli oggetti sensibili, non si identifica con
essi, così il bene permette la visione del mondo intellegibile e lo trascende.
L'analisi prosegue con l'immagine della linea divisa in quattro segmenti, che rappresentano quattro tipi di oggetti del
conoscere: immagini, oggetti sensibili, concetti scientifici e idee. I primi due concernono il mondo sensibile, i secondi due
il mondo intellegibile.
Ad essi corrispondono quattro gradi di conoscenza: immaginazione, assenso, riflessione e intelletto.
Libro 7. Il complesso discorso teoretico del libro precedente viene esplicitato attraverso il mito della caverna, allegoria
del filosofo che si solleva dal sensibile alle idee e ritorna nel modo per governarlo; infatti il filosofo, la cui missione non
si realizza nella pura contemplazione dell'intellegibile, dev'essere costretto a governare.
Nella sua educazione, che ha il compito di convertire il suo sguardo verso l'idea del bene, la musica e la ginnastica
devono essere affiancate da altre discipline: la matematica, la geometria, l'astronomia, la stereometria, l'armonia e
soprattutto la dialettica, che ha come scopo la conoscenza del bene, il cui principio non è basato su ipotesi. Vengono
quindi esposti i criteri di scelta dei futuri filosofi dialettici, le loro qualità e la loro educazione graduale, a partire
dall'infanzia: dopo un periodo propedeutico di educazione ginnica, essi dovranno studiare le varie discipline e solo a
trent'anni incominceranno a essere avviati alla dialettica, per un tirocinio quinquennale che precederà la loro attività
pratica all'interno della città.
Infine, dopo i cinquant'anni, i filosofi governeranno lo Stato.
Libro 8. Socrate annuncia di voler ritornare all'argomento principale della sua indagine, ossia la felicità del giusto e
l'infelicità dell'ingiusto; a tal proposito conduce un'analisi delle quattro forme di governo esistenti, cui corrispondono
quattro tipi di uomo: timocrazia, oligarchia, democrazia e tirannide. La timocrazia, la costituzione più vicina allo Stato
perfetto, cioè all'aristocrazia, nasce dalla corruzione di quest'ultimo: ciò accade perché i guardiani non determinano con
esattezza il "numero nuziale", che regola il ciclo delle nascite. Socrate delinea il carattere del regime timocratico, dove
regnano l'ambizione e un occulto amore per il denaro; di conseguenza l'uomo timocratico, la cui anima è guidata
dall'elemento impulsivo, è ambizioso e avido. Quando l'amore per il denaro diventa palese nasce il regime oligarchico,
basato sul censo e diviso al suo interno in Stato dei poveri e Stato dei ricchi. Anche nell'uomo oligarchico, parsimonioso e
dedito agli affari, prevale l'elemento animoso. Dalla rivolta contro questo regime nasce la democrazia, caratterizzata da
una libertà che degenera in anarchia, poiché sia lo Stato sia l'uomo democratico sono dominati dall'elemento
concupiscibile; il popoì o stesso fornisce al tiranno la possibilità di salire al potere. Una volta che ha preso in mano lo
Stato, il tiranno opprime il popolo ed elimina i cittadini migliori.
Libro 9. Nel proseguire l'esame del carattere tirannico, Socrate pone l'accento sulla presenza in ogni individuo di
desideri sfrenati e contrari alla legge, che si manifestano soprattutto nei sogni: il tiranno non si ferma di fronte a nulla pur
di soddisfare tutti questi appetiti. Viene poi contrapposta la perfetta felicità dello Stato regio, cioè della città ideale, alla
perfetta infelicità dello Stato tirannico, e si adducono le prove dell'infelicità del tiranno. La prima è di natura politica:
l'uomo tirannico, come il regime che rappresenta, è schiavo, pieno di paura e di lamenti, perciò è sommamente infelice; al
contrario la massima felicità spetta all'uomo regale, essendo il grado di felicità di ciascun regime proporzionato al suo
grado di perfezione. La seconda prova concerne la divisione dei piaceri in tre specie, rispondenti alle tre parti dell'anima;
il filosofo si dedica solo ai piaceri della parte razionale, che sono superiori agli altri. La terza prova, di carattere
metafisico, viene dall'esame della natura dei piaceri. Socrate fornisce una dimostrazione matematica della distanza che
separa il re-filosofo dal tiranno, calcolata in 729 anni.
Poi passa all'analisi degli effetti prodotti dalla giustizia e dall'ingiustizia. La tripartizione dell'anima implica una
triplice composizione dell'uomo, che consta di un mostro policefalo, un leone e un uomo. Quando l'uomo, con l'aiuto del
leone, tiene a freno il mostro prevale la giustizia, quando il mostro domina sulle altre due parti si ha l'ingiustizia. Socrate
conclude questa trattazione osservando che il sapiente si realizza non nella sua patria, ma nella città ideale.
Libro 10. La discussione torna sulla poesia e l'imitazione, e si opera la distinzione teoretica tra le idee, gli oggetti
sensibili e gli oggetti dell'arte. Il poeta e il pittore imitano gli oggetti sensibili, ovvero ciò che è come appare: la loro arte,
imitazione dell'apparenza, è perciò tre gradi lontana dalla verità. L'imitatore non ha né scienza né retta opinione di ciò che
imita; l'arte genera illusione e si rivolge alle passioni e alle parti inferiori dell'anima, come dimostrano gli effetti negativi
che la poesia tragica e comica produce sugli spettatori. Così Omero, e più in generale la poesia, vanno banditi dalla città
ideale.
L'accenno alle ricompense assegnate alla virtù dopo la morte offre a Socrate l'aggancio per dimostrare l'immortalità
dell'anima.
Innanzi tutto l'anima non perisce né per il male suo proprio, cioè l'ingiustizia, né per il male altrui, cioè del corpo. Il
numero delle anime non è soggetto a variazioni. La composizione dell'anima è perfetta, ma la si può contemplare nella
sua purezza solo dopo che si è staccata dal corpo. Si passano infine in rassegna i premi concessi alla virtù e alla giustizia
dagli uomini nella vita terrena e dagli dèi in quella ultraterrena. L'opera si conclude con il mito di Er, che in una grandiosa
rappresentazione della struttura dell'universo, governato da una perfetta armonia, descrive il giudizio cui le anime
vengono sottoposte nell'aldilà e la loro reincarnazione.
COMMENTO
La "REPUBBLICA" è l'opera in cui affiorano maggiormente tutti i temi di Platone:è un libro composto a sua volta da 10 dialoghi dove in particolare emerge il pensiero politico platoniano;come abbiamo già detto Platone era rimasto molto deluso dalla politica della sua città che aveva condannato il suo uomo più giusto e per lui lo stato ideale è quello in cui l'uomo giusto può trovare il suo collocamento senza essere tormentato;molto deluso era anche rimasto dall'incontro con il tiranno di Siracusa e si accorge quindi che il suo concetto di stato è inattuabile,puramente ideale:come ogni altra idea,anche quella di stato va imitata,sebbene sia impossibile riuscirvi totalmente.Si dice spesso che lo stato platoniano sia una utopia,vale a dire un qualcosa che non sta da nessuna parte.Netta pare la distinzione tra il primo "libro" della repubblica,probabilmente scritto in gioventù, e gli altri:è il dialogo tra Socrate ed un sofista,che dà una definizione di giustizia:essa per lui è il diritto del più forte;egli sostiene,come molti altri sofisti,che gli uomini per natura nascono diversi,chi più forte e chi più debole,ed è solo la legge che li fa uguali:per lui la legge non è nient'altro che un'ingiustizia dei più deboli nei confronti dei più forti,che dovrebbero dominare per natura.Per il sofista il modello d'uomo ideale è il tiranno,colui che ha fatto valere la sua superiorità sui più deboli:il tiranno è l'uomo più felice e potente.Il primo libro termina con la confutazione di Socrate delle tesi del sofista:per lui ci deve essre per forza una giustizia,in quanto l'ingiustizia che predicava il sofista non può esserci,perchè tende ad eliminarsi da sè:Socrate porta l'esempio dei briganti,ingiusti per eccellenza;anche dopo che hanno commesso ingiustizie rubando,per dividersi il bottino dovranno pur applicare qualche norma.A partire dal 2° libro Socrate imposta il suo discorso cambiando prospettiva,sostenendo che il modo migliore per esaminare l'uomo giusto sia vedere le cose più in grande:dov'è che esiste più in grande il concetto di giustizia?Certamente nello stato;Socrate mirerà a dimostrare l'opposto del sofista:per lui l'uomo ingiusto non è il più felice.Socrate aveva già più volte affermato che la giustizia rende automaticamente felici:nel libro 10° della Repubblica Platone ci spiega attraverso un mito escatologico che la giustizia conduce alla felicità anche nel mondo ultraterreno.Socrate imposta così il suo discorso tratteggiando lo stato ideale,partendo da zero:uno stato nasce secondo lui da esigenze materiali e per soddisfare dei bisogni;dal momento che ci sono diverse tecniche per soddisfarli,occorre selezionarle.A suo parere uno stato per funzionare deve avere tre classi sociali:1)i governanti.2)i difensori.3)i produttori.Ogni classe deve svolgere le sue funzioni,che non sono però di ugual livello,sebbene siano tutte fondamentali;è una chiara prospettiva aristocratica.In realtà la classe dei governanti si costituisce tramite la selezione di difensori che maturando diventano governanti:la forza fisica cede il passo a quella intellettuale e morale.Questa tripartizione ebbe enorme successo nella storia:nel Medioevo,per esempio,la società era suddivisa in oratores,bellatores e laboratores.E le donne che funzione avevano?Platone è stato il primo ad affermare che non ci siano propriamente lavori maschili e lavori femminili;tuttavia era convinto che in ogni campo gli uomini fossero superiori e riuscissero meglio. La città ideale di Platone è aristocratica,cioè governata da coloro che risultano essere i migliori ed i più idonei a svolgere tale compito;i migliori vengono selezionati in base al loro talento e non al fatto che i loro genitori potessero essere governanti;tuttavia egli ammette che ci sia una sorta di ereditarietà:ciò non significa che i giovani venissero selezionati per la loro discendenza,ma è un dato di fatto che coloro che mostrano maggiori attitudini per il governo sono proprio i figli dei governanti.Per selezionare occorre effettuare 2 lavori:1)la selezione vera e propria,2)sviluppare le propensioni dei selezionati.In realtà lo stato delineato da Platone è lo stato spartano idealizzato:a quei tempi presso gli aristocratici era visto come il top dell'organizzazione.Ma Platone tratteggia anche le possibili degenerazioni statali e proprio tra queste ci sarà lo stato spartano che era in realtà dominato non da aristocratici,ma da militari e proprietari terrieri.Secondo Platone ad ogni classe sociale spetta una virtù;poi ce n'è una comune a tutti e tre i gruppi:in tutto sono 4 le virtù (anche nel Cristianesimo ci sono le virtù,4 cardinali e 3 teologali:le 4 cardinali l'uomo le possiede per natura,le 3 teologali deriverebbero dalla divinità e sono fede,carità e speranza) e si suddividono così:1)sapere2)coraggio3)temperanza4)giustizia.I governanti,come abbiamo già detto,devono essere filosofi e quindi la loro virtù è il sapere;quella dei difensori è il coraggio che serve loro per difendere strenuamente lo stato;i produttori devono invece essere dotati della temperanza,devono cioè sapere che vi è chi governa e chi lavora;è una virtù che in realtà appartiene un pò a tutti,ma soprattutto a loro che devono obbedire.In termini moderni la temperanza è il consenso:se non c'è una diffusa convinzione del fatto che ci sia chi governa e chi lavora lo stato non può reggere.Bisogna tenere a mente che Platone sta sì parlando per bocca di Socrate per delineare la giustizia statale ideale ma solo per tratteggiare l'uomo giusto:si serve dello stato per poter operare su un modello più grande.La "Repubblica" viene spesso letta solo in chiave politica sebbene la politica sia in secondo piano:il tema centrale è proprio l'uomo giusto e la sua formazione.Per esempio descrive le degenerazioni statali per delineare parallelamente quelle umane;a sostenere la tesi che sia un libro il cui fulcro è l'uomo è il 10° libro che con un mito escatologico spiega che ne sarà dell'uomo giusto nell'aldilà.Nella "Repubblica" Platone ripropone la tripartizione dell'anima che corrisponde esattamente a quella statale,dettata dal fatto che non in tutti gli uomini prevale la stessa parte dell'anima:quella razionale (l'auriga) dominerà nei governanti,i quali ricercano il sapere razionale;quella irascibile (il cavallo bianco)prevale nei difensori,che agiscono mossi da orgoglio;quella concubiscibile (il cavallo nero) avrà la meglio sui produttori.Possiamo così comprendere perchè Platone la chiami temperanza:le varie parti dell'anima capiscono che bisogna tenere a bada,temperare, quella concubiscibile.Platone definisce un uomo più forte di se stesso quando la parte razionale tiene a freno le altre,vale a dire quando l'auriga ha la meglio.La giustizia è la 4° virtù:si ha giustizia quando ciascuno svolge le proprie mansioni e non pretende di svolgere ruoli che non gli spettano.Sparta era una oligarchia militare e quindi era ingiusta in quanto svolgevano le mansioni di governanti persone non idonee e a detenere il potere non sono necessariamente i migliori.Atene,città democratica, era anche messa peggio:era retta dalla 3° classe,i produttori;Platone definisce la democrazia il governo degli incompetenti,dove bisogna ascoltare il parere di qualsiasi stolto e dove ciascuno pensa solo a se stesso.Lo stesso vale per l'uomo:l'uomo giusto non si lascia trascinare dai piaceri (tanto meno da quelli fisici) ed è felice perchè la giustizia stessa fornisce un piacevole senso di benessere;la parte irascibile (cavallo bianco),vincolata dall'orgoglio, si vergogna dei piaceri e aiuta l'auriga a tenerne l'anima distante.Per Platone il tiranno è schiavo della parte peggiore di se stesso,del cavallo nero:è quindi ingiusto perchè nel contesto dell'anima non spetta al cavallo nero di comandare ed infelice perchè privo di giustizia.Un dubbio che può sorgere è come si ottiene il consenso o temperanza che dir si voglia:Platone dà una spiegazione tramite un mito,che può quindi anche rivestire una funzione politica:per convincere afferma che gli uomini siano stati forgiati con 3 diversi metalli (oro,argento,ferro):ci sono quindi differenze naturali tra gli uomini e quindi la tripartizione è necessaria e giustificata.Si ha consenso quando si ha una ideologia diffusa:la parola ideologia ha una lieve sfumatura negativa,come se si affermasse qualcosa non proprio corretto ma fatto passare per buono:è proprio il caso del mito platonico con valenza politica;Platone parla anche in questo caso di menzogne buone e necessarie per il consenso.Per lui,comunque,quando lo stato è felice,allora anche tutti i gruppi lo sono.Secondo le concezioni liberali e moderne è l'opposto:quando i singoli stanno bene,anche lo stato procede felicemente.Platone,per motivare quanto detto,si serve di una concezione "organicista":se il nostro organismo sta bene,allora ogni singolo membro sta bene.dire concezione organicista,non significa che le singole parti debbano per forza essere subordinate alla totalità:Platone dice che da un lato conta il tutto,ma che dall'altro se il tutto è felice anche le parti lo sono.Come possono essere esse felici?Platone non si limita alla precedente argomentazione organicista;egli pone dei limiti allo stato:non deve essere troppo ampio perchè uno stato è tale solo quando i suoi abitanti hanno la consapevolezza di formarlo;uno stato troppo esteso è anche difficilmente controllabile.Platone vedeva lo stato come una grande famiglia basata sull'armonia e sulla solidarietà:per creare questa situazione bisogna a suo avviso eliminare la famiglia naturale in modo che gli abitanti dello stato considerino propri familiari gli altri abitanti;bisogna poi eliminare la proprietà che frammenta la società.E' un comunismo radicale ed estremista dove bisogna addirittura vivere insieme;lo scopo è far sì che i cittadini concepiscano un forte senso di solidarietà:ciascuno lavorerà e difenderà lo stato come farebbe con la propria famiglia.Probabilmente Platone prese spunto dalla società spartana arcaica e militare improntata sul governo oligarchico-militare.Questo comunismo per Platone deve riguardare solo alle due classi superiori,che devono governare.Bisogna eliminare gli interessi personali in modo tale da evitare che i governanti tutelino i propri interessi accecati dalla smania di denaro,tralasciando quelli altrui.L'obiezione di fondo che solitamente si muove,al di là dell'estremismo,è che i governanti,condannati ad una scelta così rigida,condurrebbero una vita tristissima.La società è fortemente gerarchizzata e sul piano materiale sono avvantaggiati i produttori,che vivono normalmente e possono arricchirsi.Quindi può sembrare che i ceti superiori siano infelici;in realtà i governanti ed i guardiani che poi lo diverranno hanno un talento naturale e sono già stati selezionati ed educati dallo stato;da questa educazione trarranno enormi vantaggi e saranno poi chiamati a governare,sebbene contro la loro volontà:infatti vengono educati alla sapienza e alla conoscenza,che comprenderanno essere le cose più importanti ed utili di tutte;dello stato non gliene importa nulla,così come non gli importa delle ricchezze materiali:la sapienza rappresenta una ricchezza morale molto più importante e duratura.Verranno però poi chiamati a governare proprio perchè non vogliono!Secondo Platone infatti lo stato va amministrato da chi non vuole farlo,da chi ha raggiunto un alto livello di educazione e ha compreso che ciò che più conta è il sapere,e non da chi vuole amministrarlo,in quanto lo farebbe solo per interessi personali.Vivranno quindi la maggior parte della loro vita dedicandosi alla cultura,ma saranno poi costretti a governare per un pò:lo devono allo stato che li ha allevati e mantenuti negli studi.E' un dovere morale.Guardiamo ora alle singole classi sociali.i governanti (ed i difensori) nel complesso fanno ciò che desiderano,svolgono cioè la loro vita dedicandosi al sapere (il periodo in cui governano,come abbiamo detto,è breve);ai produttori non interessa il sapere e sono felici di arricchirsi materialmente e perseguire questi strumenti inferiori di felicità.Quindi è una società (ideale) felice anche nelle sue singole parti.Platone viene anche criticato per aver creato uno stato totalitario,che vuole organizzare totalmente la vita dei singoli,la cui vita non conta nulla di per sè,se non in funzione dello stato:si può portare come esempio il caso che Platone cita in uno dei 10 libri:l' eugenetica (dal Greco eu,bene,+gignomai,nasco,=nascere bene);lo stato sceglie gli individui da far accoppiare in modo tale da avere una discendenza perfetta.Un filosofo di posizioni liberali,Popper,criticava la società di Platone,perfetta e totalitaria,ed era in favore di una società aperta,che avesse la possibilità di correggersi e di migliorare: Popper era del parere che creare una società perfetta fosse impossibile perchè l'uomo stesso è imperfetto per natura.La società aperta è inferiore a quella totalitaria platonica,ma ha conoscenza della propria inferiorità e sa correggersi cambiando in continuazione:una società perfetta non ha motivo di fare questo.Platone insiste invece sull'immutabilità:la società per lui è perfetta così com'è e non deve assolutamente cambiare.Popper ha però commesso un errore dimenticandosi nella foga che Platone parla di un'idea statale:un'idea,per definizione,non è mai realizzabile:è solo un punto verso cui muovere.Nelle "Leggi",opera incompiuta,Platone delineerà lo "stato secondo":dal momento che quello delineato nella "Repubblica" è puramente ideale,Platone ne tratteggia uno attuabile,dove prende gli aspetti migliori di ogni governo in modo tale da creare il miglior stato tra quelli attuabili (questa soluzione piacque molto in seguito ed è considerata il punto di partenza dello stato "misto".Il ragionamento di Popper è dunque in parte fuori luogo:se ipotizzassimo la società perfetta,perchè mai dovremmo cambiarla?Perchè cambiare qualcosa di perfetto?Potrebbe cambiare solo in peggio.Abbiamo detto che lo stato delineato nella "Repubblica" è un'utopia ed è interessante notare la distinzione tra i due aggettivi che ne derivano;"utopistico" è un qualcosa di negativo che si pretende realizzabile,ma che per fortuna non lo è:utopistico è il Comunismo ideale."Utopico" è un concetto tipicamente progressista che induce a vedere il mondo,che molti credono buono così com'è,imperfetto e migliorabile:il progressista ha un atteggiamento sempre volto al cambiare.Si può dire che il concetto di "utopistico" si avvicini molto a Platone che nelle Leggi fa notare che lo stato così com'è non va bene e ne propone uno "misto",dal momento che quello ideale-aristocratico è inattuabile. Popper ha invece preso l'idea di Platone utopica di stato per utopistica.La "Repubblica" può anche essere vista in chiave di trattato pedagogico-educativo volto all'istruzione dei futuri governanti:Platone ci indica qui i diversi livelli di conoscenza e contrappone la filosofia ad altri metodi di educazione,primo tra tutti quello della retorica capeggiato da Isocrate ;per Platone la vera retorica è quella che si fonda sulla piena conoscenza della verità e delle persone cui ci si rivolge,non come la intendevano tutti i suoi contemporanei:per Isocrate e tutti gli altri essa consisteva invece nel formulare discorsi eleganti ma privi di verità.Platone critica anche la poesia:Socrate stesso diceva che essa non è un vero sapere,ma una forma di conoscenza infusa dalla divinità:il poeta infatti quando componeva era divinamente ispirato,la divinità si serviva di lui per comunicare (basti pensare ad Omero,che parlava ammaestrato dalla Musa).Platone era appassionato di etimologia e si divertiva a dare interpretazioni sull'origine e la derivazione delle parole,che per lo più erano errate;una di queste,però,era corretta:Platone fece derivare la parola "mantica" dal termine greco "mania",follia.Infatti quando si davano responsi si era come se fuori di sè: a parlare era la divinità.Non significa comunque che la poesia non valga nulla (Platone stesso può essere considerato poeta).Platone nella "Repubblica" fa considerazioni più articolate e complesse rispetto a quelle di Socrate ,attaccando l'arte su due piani differenti:1)morale e più banale rispetto all'altro:Platone,come già Senofane,sostiene che l'arte ci presenta gli dei o gli eroi con caratteristiche fortemente negative e che assumono atteggiamenti meschini e di basso valore morale (basti pensare all'ira di Achille);lo stesso vale anche per la musica,di cui Platone era esperto (si racconta che ormai in fin di vita,sentendo una fanciulla che suonava il flauto,le ultime parole che pronunciò prima di morire furono di rimprovero perchè ella aveva stonato):a quell'epoca vi erano diversi stili ben canonizzati e definiti,ognuno dei quali stimolava determinati sentimenti,positivi e negativi.Secondo Platone la musica che stimola sentimenti negativi va assolutamente censurata;al giorno d'oggi abbiamo criteri di giudizio differenti:un brano musicale o ci piace o non ci piace,indistintamente dal suo valore morale:per noi bello e brutto sono su un livello totalmente differente da buono e cattivo.Prendiamo per esempio i Carmina Burana di Orf,di orientamento filo-nazista:si possono apprezzare pur non essendo filo-nazisti.Presso di noi vige l'autonomia dell'arte,che Platone non ha riconosciuto:bello-brutto è diverso da buono-cattivo e da vero-falso:in un libro di storia ricerco la verità,in un romanzo la bellezza...Platone era senz'altro molto attratto dalla questione del bello,che per lui aveva a che fare con la natura e non con l'arte:parla infatti di begli uomini,belle piante,belle azioni...Il suo giudizio è puramente morale:se un'opera è cattiva sul piano morale,anche se bella va censurata,il che rientra bene nella concezione di stato totalitario platonico.Bisogna comunque dire che era un concetto molto diffuso presso i Greci,che lo riassumevano nella "calogazia":non c'era differenza tra bello e buono.Abbiamo anche tirato in ballo la coppia vero-falso,di valenza gnosologica;abbiamo già detto a riguardo delle idee che il piano ontologico e quello gnosologico corrispondono:vero e falso si identifica con essere e non essere;di conseguenza il falso va censurato.2)metafisico e di più alto livello:in un primo momento Platone afferma dunque che le opere d'arte pericolose vanno allontanate;successivamente,non soddisfatto di quanto detto,sostiene che vadano censurate tutte dalla prima all'ultima.Quando un artista raffigura un corpo,secondo Platone,imita un corpo esistente in natura;ma abbiamo detto che per Platone le cose sono imitazioni delle idee.Le opere d'arte sono quindi a suo avviso imitazioni di imitazioni:se già le cose sensibili sono inferiori alle idee,figuriamoci le opere d'arte:sono un gradino più distanti e contengono un tasso di verità addirittura inferiore a quello delle cose:le opere d'arte impediscono all'uomo ancora di più rispetto alle cose sensibili di conoscere le idee e vanno dunque bandite.L'arte diventa quindi negativa a prescindere dal fatto che stimoli buoni o cattivi sentimenti:il piano morale non conta più.Sono affermazioni piuttosto strane,soprattutto se consideriamo che Platone stesso era un artista e dedicò dialoghi al bello naturale,come il "Fedro" o il "Simposio".Chiaramente aveva ben presente le capacità persuasive dell'arte.Tuttavia in epoche successive si sono usate queste stesse affermazioni platoniche per giustificare l'arte:essa non imita la realtà empirica,ma le idee stesse ed è strano che Platone non se ne sia accorto in quanto aveva tutti gli strumenti:i ritratti stessi (presso i Greci ancora di più i busti) sono idealizzati;l'artista sfrutta il volto di chi deve ritrarre per poi passare all'idea vera e propria (è lo stesso del triangolo disegnato che serve per ragionare sull'idea di triangolo).Probabilmente per noi è più facile capirlo perchè possediamo la macchina fotografica;è facile per tutti capire la differenza tra un ritratto e una foto.Da notare,poi,che dalla scoperta della macchina fotografica in poi i pittori hanno cominciato a fare ritratti sempre più astratti e meno realistici.Gorgiaaveva dato grande importanza all'arte sganciandola dal piano ontologico:secondo lui dal momento che la verità non esiste,ci si può creare un mondo proprio,dato che non c'è un vero mondo:non si hanno vincoli imitativi;per Gorgia l'artista è tanto più bravo tanto più riesce ad ingannare.Gli artisti secondo Platone,invece, con le loro "copie" precludono agli uomini la possibilità di conoscere.Altro motivo della condanna da parte di Platone è che l'arte corrompe i giovani perchè rappresenta l'uomo in preda alle passioni;vengono indotti a considerare normale una vita in balia delle passioni,dell'odio,dell'invidia...l'arte stessa sviluppa le passioni.Lo stesso Omero (che veniva anche definito "la bibbia dei Greci" dal momento che nelle sue opere si trovava un pò di tutto:verità religiose,tecniche militari...)ha rappresentato i più grandi eroi in preda a passioni.Platone nella sua condanna risparmia solo la musica e le poesie patriottiche che elevano l'uomo al grande dovere di sacrificio per la patria,ispirandosi al modello spartano,dove la musica patriottica aveva avuto importanza sul piano educativo.Tuttavia in altri dialoghi dà un giudizio positivo rivalutandola completamente (egli stesso era un grande poeta).Platone,come detto,si occupa dell'educazione dei futuri governanti,recuperando alcuni aspetti della "paideia" tradizionale;il percorso da seguire è lungo e difficile e si può suddividere in varie tappe:nel periodo della giovane età l'educazione viene improntata sulla musica e sulla ginnastica;Platone è convinto che nella prima fase dell'educazione non si possa forzare sul piano teoretico.La musica aveva a che fare con il ritmo e più che musica come la intendiamo noi,era educazione ad ogni tipo di ritmo:era quindi educazione dell'anima.La ginnastica aveva la funzione di creare uno stato di armonia sia nel corpo sia nell'anima, e di conseguenza era una forma di educazione tanto relativa al corpo quanto all'anima.Si può dire che l'intero percorso educativo miri all'armonia dell'anima:in poche parole l'uomo giusto è l'uomo armonico.Prima di entrare nella fase vera e propria dello studio teoretico secondo Platone bisogna dunque impartire un'armonia psico-fisica tramite queste due attività.lo studio vero e proprio si articola nello studio della matematica e della filosofia:il culmine consiste nel raggiungimento dell'idea di bene;è un itinerario lungo e selettivo:quando lo si completerà si avranno ormai circa 50 anni per poi essere pronti a governare lo stato,anche se controvoglia.E' interessante il fatto che nelle "Leggi" Platone parli di un'educazione prenatale:a suo avviso grazie a tecniche particolari (modi di cullare,per esempio) si può dare una prima educazione all'armonia;ai giorni nostri si è scoperto che ciò ha davvero una sua influenza;è quindi un'interessante intuizione platonica,che sapeva bene che l'educazione non è solo razionale.La dimensione conoscitiva è legata ancora una volta alla gerarchia ontologica;Platone per esprimere meglio questa idea si serve di un'efficace immagine e di un mito (il celebre mito della caverna):la prima è la celebre immagine della "linea":
Come abbiamo già detto la conoscenza stabile è quella basata sull'episteme,quella mutevole ed opinabile sulla doxa.Ancora una volta riscontriamo una chiara influenza pitagorica:i Pitagoriciinfatti individuarono il numero come principio della realtà e crearono una "piramide" di principi che partiva dalla coppia finiti-infinito e da lì si generavano tutte le altre coppie.Per il momento diciamo che i livelli platonici sono 4 (anche se quelli fondamentali restano 2).L'eikasia ha a che fare con la radice eik- di somiglianza,apparenza:è opportuno tradurla con "immaginazione",ma va depurata da tutti i significati che le attribuiamo noi;è la capacità di cogliere le immagini;si tratta di verità addirittura inferiori a quelle del mondo sensibile e possiamo in parte identificarle con le opere d'arte,ma anche con i riflessi delle cose,come gli specchi o le superfici di laghi o fiumi:Platone aveva in mente tutte le riproduzioni del mondo sensibile;ma molti studiosi hanno anche sostenuto che nella capacità di immaginazione si possa vedere anche un primitivo atteggiamento conoscitivo:si tratta della pura e semplice sensazione;quando prendiamo in mano un quaderno abbiamo dapprima una pura e semplice percezione sensuale:notiamo la forma,il colore...Conoscere realmente un quaderno significa mettere insieme le sensazioni e sfruttarle;forse per capire meglio basterebbe chiudere gli occhi e stringere un libro:lo si percepirebbe con il tasto e si potrebbe immaginare cosa si vedrebbe ad occhi aperti;verso la fine del '600 si cominciarono ad effettuare i primi interventi di cataratta e si fecero vedere per la prima volta persone che non avevano mai visto:quando costoro riferirono le loro impressioni si scoprirono cose interessanti;per esempio non riuscirono ad identificare con la vista ciò che per anni avevano toccato;chiaramente è molto differente da ciò che intendeva Platone,ma ci permette comunque di capire che l'oggetto della conoscenza (sebbene la conoscenza empirica sia inferiore a quella intellegibile)è il risultato di operazioni complesse:si associano esperienze visive con esperienze tattili;tuttavia non siamo per niente sicuri che Platone ci sia davvero arrivato.La pistis,che possiamo tradurre con "credenza"è il soggetto conoscitivo degli oggetti sensibili.Della episteme abbiamo già parlato:i suoi oggetti sono intellegibili,ma non necessariamente idee;o meglio,ci sono sì le idee,ma anche gli enti matematici che possiamo suddividere in a)geometria,b)musica,vista come rapporti matematici,c)stereometria,che è la geometria dei corpi solidi,d)astronomia,vista come scienza del movimento dei solidi:erano le arti del "quadrivio",diremmo oggi le materie scientifiche che già all'epoca si contrapponevano a quelle umanistiche.Dunque la dianoia corrisponde alla matematica in generale,la noesis alle idee;Platone era molto interessato di matematica (anche qui possiamo riscontrare un'influenza pitagorica) e proprio sull'entrata dell'Accademia (i cui resti si possono vedere qui sotto)