Euclide (Raffaello, La scuola di Atene)

Il settimo libro della Repubblica

L'allegoria della caverna
Il senso educativo dell'allegoria
L'educazione civica dei filosofi
Gli studi dei filosofi:
le discipline introduttive (quadrivium)
la dialettica

A cura di M.C. Pievatolo

L'allegoria della caverna

Socrate introduce l'allegoria della caverna per spiegare a Glaucone la differenza fra paideia (educazione, cultura) e apaideusia (il suo contrario). [514a] Per questo, l'immagine della caverna non va interpretata in una prospettiva gnoseologico- metafisica, come illustrazione della metafora della linea con cui si conclude il libro precedente, ma dal punto di vista della filosofia politica e della politica della cultura.
Socrate, stesso, dopo aver esposto l'allegoria, che contrappone il mondo chiaroscurale e passivo del sapere per sentito dire a quello luminoso e attivo della ricerca filosofica, ripete che la sua chiave interpretativa è la questione della paideia.

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Il senso educativo dell'allegoria

Alcuni sostengono che nella psyché non c'è episteme (scienza). Istruire, nella loro prospettiva, significa semplicemente informare, "quasi infondendo la vista in occhi ciechi". [518b-c] Ma il discorso che abbiamo fatto ora, prosegue Socrate, indica che la dynamis o potenzialità di imparare è insita nella psiché di ognuno, e richiede un coinvolgimento personale, perché si tratta di passare dal mondo di ciò che diviene alla visione di ciò che è e della sua parte più fulgida, il Bene. [518c-d]

L'insegnamento è una techne di conversione, nel senso letterale del termine: non si tratta di dare alle persone informazioni o capacità che non possiedono, ma di indurle a voltarsi dalla parte giusta, in modo da permetter loro di far uso di una facoltà che già possiedono. Mentre le altre virtù dell'anima, come quelle del corpo, si acquistano con l'abitudine e l'esercizio, la capacità di discernere è una dote personale che non perde mai la sua virtù, ma per effetto della conversione etica diventa utile oppure nociva. [518e-519a]


Imparare non significa né ricevere passivamente nozioni, né venire altrettanto passivamente addestrati, ma riuscire a far uso, con un coinvolgimento personale, di potenzialità che sono già in noi: possiamo sapere quello che siamo solo una volta messi alla prova.
Le virtù etiche possono essere frutto di esercizio, e possono essere prodotti culturalmente condizionati e variabili; la capacità di conoscere, che non può essere infusa dall'esterno, è invece una espressione genuina dell'autonomia delle persone - quella che illumina e rende autentiche le altre virtù, quando sono presenti.

Bisogna sottolineare che l'insegnamento come trasmissione di informazione sparirebbe, se le informazioni fossero messe a disposizione di tutti gratuitamente e rese facilmente accessibili, mentre rimarrebbe - e verrebbe esaltato - il ruolo dell'insegnante che fa voltare i discenti dalla parte giusta cioè funge da stimolo e da animatore di una ricerca che chi impara può e deve fare per conto suo.
Anche per questo, nell'allegoria della caverna non ci viene spiegato come mai alcuni prigionieri si trovano liberati dai ceppi e cominciano la faticosa salita verso il mondo aperto, ma ci viene chiarito soltanto in che modo la maggioranza è indotta a credere nelle ombre proiettate sulla parete. Il condizionamento e la manipolazione culturale sono processi quasi deterministici; l'apprendere - il voltarsi dalla parte giusta - non può essere ridotto a un meccanismo.

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Coloro che sono usciti dalla caverna non vorrebbero mai tornare sottoterra - prosegue Socrate - e per questo occorre indurli a farlo. Glaucone ripete una obiezione che gli era già stata fatta: in questo modo, i filosofi sono trattati ingiustamente, perché vengono fatti tornare nella caverna quando stanno meglio fuori.
Socrate gli risponde ricordando che il suo nomos non è finalizzato al godimento di un benessere speciale da parte di un gruppo, ma della intera (hole) polis: a questo scopo, i cittadini devono essere armonizzati con la persuasione o con la forza, e i vantaggi di alcuni devono essere ripartiti fra tutti. [519e-520a] La distribuzione della conoscenza, in altri termini, è un problema fondamentale: la città può avvicinarsi alla giustizia solo se il sapere non è una esperienza privatistica, o un bene patrimoniale.

Nell'ottima polis, sarà possibile ricorrere a un argomento solido per convincere i filosofi a occuparsi di politica: essi non sono diventati tali da soli, ma, eccezionalmente, la loro educazione filosofica è stata promossa e favorita dalla città, nei cui confronti hanno un debito di gratitudine. Per questo, a turno, devono ridiscendere nel mondo tenebroso della caverna. Una volta riabituatisi all'oscurità, essi discerneranno con più chiarezza le immagini che vi appaiono, per aver visto altrove il vero sul bello, il buono e il giusto. Così - dice Socrate riecheggiando Eraclito - la città sarà governata dai desti e non in sogno, come avviene ora. La città meglio governata è quella i cui reggitori hanno meno voglia di dedicarsi al governo e meno interesse privato per il potere. [520b ss]


  1. Perché far riscendere i filosofi nella caverna, anziché condurre fuori tutti i prigionieri?
  2. Perché i filosofi, rientrati nella caverna, non si dedicano essi stessi alla proiezione delle ombre?
1. Se interpretiamo il platonismo in maniera autoritaria, si può rispondere a questa domanda sottolineando che la filosofia è giocoforza una illuminazione riservata a pochi privilegiati.
Esiste, però, anche una risposta alternativa: per la sua stessa struttura la convivenza politica è "cavernicola", nel senso che richiede di prendere decisioni dando per scontate cose che non lo sono affatto. Per questo, la differenza decisiva fra una città filosofica e una città non filosofica non è l'essere fondata secondo una formula, ma l'essere governata da persone consapevoli dei limiti cognitivi della politica.

2. Platone è un teorico della censura. Se i filosofi, una volta scoperto il dispositivo che permette di dare ai prigionieri una impressione di realtà, se ne impadronissero, potrebbero esercitare una censura ancora più efficace, perché non reprimerebbe semplicemente le espressioni delle persone, ma agirebbe alla fonte, manipolando la loro conoscenza, in modo tanto più efficace quanto più occulto. Ma il Socrate della Repubblica dice che i filosofi devono, se possibile, affrontare filosoficamente le ombre, e non crearne di loro: perfino nel mondo tenebroso della caverna, ci si approssima all'ideale di una cittò filosofica con la discussione e non con la manipolazione della conoscenza.


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Gli studi dei filosofi: il quadrivium

I filosofi devono essere educati in modo tale che la loro anima non sia attratta dal mondo di ciò che diviene o è generato (to gignomenon), bensì dal mondo di ciò che è (to on). Ginnastica e mousiké non possono svolgere questa funzione, perché si limitano a conferire armonia e buone abitudini. D'altro canto, le discipline che si insegnano devono essere connesse con la cittadinanza, e dunque devono essere utili dal punto di vista bellico. [521d ss]

Il carattere essenziale di queste discipline preliminari alla filosofia è la loro capacità di risvegliare la noesis, cioè la capacità di dialeghesthai. Questo avviene più facilmente quando gli oggetti della percezione sensibile appaiono ambigui, e stimolano una riflessione sugli strumenti concettuali che usiamo per definirli. Per esempio, "questo carattere è proprio in sommo grado della vista dell'unità stessa, perché noi vediamo nel contempo l'identica cosa come unità e come pluralità infinita", e può essere esteso al numero in generale.[525a] Per questo, la prima disciplina proposta da Socrate per l'educazione dei filosofi è l'aritmetica. Essa, infatti, aiuta a capire che l'unità di cui si parla non è una singola cosa sensibile, in se stessa divisibile, ma una costruzione del pensiero. Chi ha una abilità nel calcolo, naturale o acquisita, acquisisce prontezza anche in tutte le altre discipline.

La seconda disciplina è la geometria, se coltivata in funzione della conoscenza di ciò che perennemente è, e non per scopi pratici. [527b]

La terza disciplina è l'astronomia, come studio del movimento dei corpi dotati di profondità (stereometria). Anche qui, occorre ricordare che l'aspetto educativo non è la conoscenza empirica del movimento degli astri, che non è necessariamente regolare e immutabile, ma l'uso dei corpi celesti come esempi che diano spunto ad elaborazioni concettuali. [529a ss]

La quarta disciplina è l'armonia, che si occupa del moto armonico nella prospettiva dell'udito. [530a ss]

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Queste discipline, che nelle università medioevali componevano il cosiddetto quadrivium, e che vengono classificate da Socrate come dianoia, fungono da preludio alla dialettica. La dialettica, a differenza delle altre discipline, che sono parziali e danno per scontate le ipotesi che le introducono, si occupa di ciò che è, cioè della struttura concettuale del reale, e, eliminando le ipotesi, procede verso il principio (arché), per confermare le proprie conclusioni. [533d ss]

Socrate sottolinea, nel corso della sua conversazione con Glaucone, l'inutilità, dal punto di vista dei più, delle discipline introduttive, se non vengono insegnate per finalità pratiche, ma per far comprendere il senso degli strumenti concettuali di cui si valgono. [527d ss] L'educazione filosofica non va intesa come trasmissione di informazioni e addestramento, ma come stimolo ad orientarsi, da sé, nel pensiero. Quello che i pratici danno per scontato, i filosofi sanno metterlo in discussione. E per questo acquiscono una capacità di imparare che manca a coloro che vengono formati sul modello di una professionalità specializzata in qualcosa che, al momento, appare utile.

Il dialettico, prosegue Socrate, è in grado di afferrare il logos dell'ousia di ogni cosa, ed è in grado di renderne ragione. Questo vale anche per l'idea del Bene: il dialettico deve essere in grado di tracciarne i confini col logos, e deve saperla mettere alla prova nell'élenchos, per provarla non kata doxan ma kata ousian, cioè non secondo quel che sembra, ma secondo quel che è (vero). [534b-c]
Se ricordiamo, che, nel VI libro, il Bene era stato definito al di là dell'ousia, e Socrate stesso aveva detto che ne poteva offrire solo un'opinione, appare strano che ora, nel VII libro, si chieda di provarlo addirittura kata ousian, secondo l'essenza. Tuttavia, qui Socrate usa le espressioni élenchos e elenchein (svergognare, confutare, provare), che si addicono anche a una opinione che si cerca di dimostrare kata ousian, esponendola alla prova elenctica. Il partire dall'opinione era tipico, infatti, dell'interrogare socratico. Che differenza c'è fra il Bene conosciuto "secondo opinione" e quello "secondo essenza"?
Se il Bene è al di là dell'ousia, si deve rispondere che non c'è nessuna differenza: poiché del Bene non si dà ousia, ogni sua conoscenza è provvisoria opinione, come lasciava intendere Socrate nel VI libro. Ma, stando così le cose, il Bene può ridursi a un mero espediente retorico per legittimare la pretesa di potere di una classe autoritaria: anche i presunti esperti del Bene lo conoscono secondo opinione, come tutti gli altri, e non secondo essenza. Ci si può chiedere, tuttavia, se l'essere del Bene al di là dell'essenza comporta che tutte le opinioni si equivalgano, e vinca quella più suggestivamente formulata, o non implica, piuttosto, che ogni affermazione sul bene sia strutturalmente inadeguata ed esposta al superamento.
Questa esposizione al superamento, d'altra parte, non è né indeterminata né mistica, perché può essere identificata con la disponibilità a sottoporsi e a tener testa all'élenchos. Questo distingue - sia o no il bene ousia - la conoscenza dalla semplice opinione. I dialettici, non a caso, sono definiti come gli esperti nell'interrogare e nel rispondere. [534d] Una scienza è tale soltanto se è consapevole della provvisorietà delle proprie nozioni e sa indicare un metodo per andare oltre ciò che si crede acquisito.

A differenza di quanto è stato in seguito codificato nella disciplina didattica delle sette arti liberali, Socrate propone che l'aritmetica, la geometria e tutta l'educazione preparatoria, siano insegnate ai bambini, ma non a forza. Si tratta, infatti, di sviluppare e di mettere alla prova le loro facoltà, e non di imporre loro delle nozioni. Intorno ai vent'anni, cessati gli esercizi ginnici obbligatori, verranno selezionati i candidati alla dialettica, in base alla loro capacità sinottica, cioè alla capacità di avere uno sguardo complessivo e sistematico su quello che studiano. A trent'anni, i più solidi fra questi - quelli che discutono per conoscere il vero - verranno prescelti per la dialettica. Fino a cinquant'anni, alterneranno, ogni cinque anni, lo studio e il servizio politico, negli uffici propri dei giovani, come il comando militare. Infine, quelli che si sanno conservati integri alterneranno lo studio della parte più alta della filosofia con incarichi di governo, a turno. [538d ss]

Quanto detto, precisa Socrate, vale in ugual misura per gli uomini e per le donne. [540c]



Per la storia dell'astronomia si veda From Stargazers to Starships
Storia dell'astronomia

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