Il settimo libro della Repubblica |
L'allegoria della cavernaSocrate, stesso, dopo aver esposto l'allegoria, che contrappone il mondo chiaroscurale e passivo del sapere per sentito dire a quello luminoso e attivo della ricerca filosofica, ripete che la sua chiave interpretativa è la questione della paideia. Il senso educativo dell'allegoriaL'insegnamento è una techne di conversione, nel senso letterale del termine: non si tratta di dare alle persone informazioni o capacità che non possiedono, ma di indurle a voltarsi dalla parte giusta, in modo da permetter loro di far uso di una facoltà che già possiedono. Mentre le altre virtù dell'anima, come quelle del corpo, si acquistano con l'abitudine e l'esercizio, la capacità di discernere è una dote personale che non perde mai la sua virtù, ma per effetto della conversione etica diventa utile oppure nociva. [518e-519a]
Coloro che sono usciti dalla caverna non vorrebbero mai tornare sottoterra - prosegue Socrate - e per questo occorre indurli a farlo. Glaucone ripete una obiezione che gli era già stata fatta: in questo modo, i filosofi sono trattati ingiustamente, perché vengono fatti tornare nella caverna quando stanno meglio fuori. Socrate gli risponde ricordando che il suo nomos non è finalizzato al godimento di un benessere speciale da parte di un gruppo, ma della intera (hole) polis: a questo scopo, i cittadini devono essere armonizzati con la persuasione o con la forza, e i vantaggi di alcuni devono essere ripartiti fra tutti. [519e-520a] La distribuzione della conoscenza, in altri termini, è un problema fondamentale: la città può avvicinarsi alla giustizia solo se il sapere non è una esperienza privatistica, o un bene patrimoniale. Nell'ottima polis, sarà possibile ricorrere a un argomento solido per convincere i filosofi a occuparsi di politica: essi non sono diventati tali da soli, ma, eccezionalmente, la loro educazione filosofica è stata promossa e favorita dalla città, nei cui confronti hanno un debito di gratitudine. Per questo, a turno, devono ridiscendere nel mondo tenebroso della caverna. Una volta riabituatisi all'oscurità, essi discerneranno con più chiarezza le immagini che vi appaiono, per aver visto altrove il vero sul bello, il buono e il giusto. Così - dice Socrate riecheggiando Eraclito - la città sarà governata dai desti e non in sogno, come avviene ora. La città meglio governata è quella i cui reggitori hanno meno voglia di dedicarsi al governo e meno interesse privato per il potere. [520b ss]
Gli studi dei filosofi: il quadriviumIl carattere essenziale di queste discipline preliminari alla filosofia è la loro capacità di risvegliare la noesis, cioè la capacità di dialeghesthai. Questo avviene più facilmente quando gli oggetti della percezione sensibile appaiono ambigui, e stimolano una riflessione sugli strumenti concettuali che usiamo per definirli. Per esempio, "questo carattere è proprio in sommo grado della vista dell'unità stessa, perché noi vediamo nel contempo l'identica cosa come unità e come pluralità infinita", e può essere esteso al numero in generale.[525a] Per questo, la prima disciplina proposta da Socrate per l'educazione dei filosofi è l'aritmetica. Essa, infatti, aiuta a capire che l'unità di cui si parla non è una singola cosa sensibile, in se stessa divisibile, ma una costruzione del pensiero. Chi ha una abilità nel calcolo, naturale o acquisita, acquisisce prontezza anche in tutte le altre discipline. La seconda disciplina è la geometria, se coltivata in funzione della conoscenza di ciò che perennemente è, e non per scopi pratici. [527b] La terza disciplina è l'astronomia, come studio del movimento dei corpi dotati di profondità (stereometria). Anche qui, occorre ricordare che l'aspetto educativo non è la conoscenza empirica del movimento degli astri, che non è necessariamente regolare e immutabile, ma l'uso dei corpi celesti come esempi che diano spunto ad elaborazioni concettuali. [529a ss] La quarta disciplina è l'armonia, che si occupa del moto armonico nella prospettiva dell'udito. [530a ss] La dialetticaSocrate sottolinea, nel corso della sua conversazione con Glaucone, l'inutilità, dal punto di vista dei più, delle discipline introduttive, se non vengono insegnate per finalità pratiche, ma per far comprendere il senso degli strumenti concettuali di cui si valgono. [527d ss] L'educazione filosofica non va intesa come trasmissione di informazioni e addestramento, ma come stimolo ad orientarsi, da sé, nel pensiero. Quello che i pratici danno per scontato, i filosofi sanno metterlo in discussione. E per questo acquiscono una capacità di imparare che manca a coloro che vengono formati sul modello di una professionalità specializzata in qualcosa che, al momento, appare utile. Il dialettico, prosegue Socrate, è in grado di afferrare il logos dell'ousia di ogni cosa, ed è in grado di renderne ragione. Questo vale anche per l'idea del Bene: il dialettico deve essere in grado di tracciarne i confini col logos, e deve saperla mettere alla prova nell'élenchos, per provarla non kata doxan ma kata ousian, cioè non secondo quel che sembra, ma secondo quel che è (vero). [534b-c] Se ricordiamo, che, nel VI libro, il Bene era stato definito al di là dell'ousia, e Socrate stesso aveva detto che ne poteva offrire solo un'opinione, appare strano che ora, nel VII libro, si chieda di provarlo addirittura kata ousian, secondo l'essenza. Tuttavia, qui Socrate usa le espressioni élenchos e elenchein (svergognare, confutare, provare), che si addicono anche a una opinione che si cerca di dimostrare kata ousian, esponendola alla prova elenctica. Il partire dall'opinione era tipico, infatti, dell'interrogare socratico. Che differenza c'è fra il Bene conosciuto "secondo opinione" e quello "secondo essenza"? Se il Bene è al di là dell'ousia, si deve rispondere che non c'è nessuna differenza: poiché del Bene non si dà ousia, ogni sua conoscenza è provvisoria opinione, come lasciava intendere Socrate nel VI libro. Ma, stando così le cose, il Bene può ridursi a un mero espediente retorico per legittimare la pretesa di potere di una classe autoritaria: anche i presunti esperti del Bene lo conoscono secondo opinione, come tutti gli altri, e non secondo essenza. Ci si può chiedere, tuttavia, se l'essere del Bene al di là dell'essenza comporta che tutte le opinioni si equivalgano, e vinca quella più suggestivamente formulata, o non implica, piuttosto, che ogni affermazione sul bene sia strutturalmente inadeguata ed esposta al superamento. Questa esposizione al superamento, d'altra parte, non è né indeterminata né mistica, perché può essere identificata con la disponibilità a sottoporsi e a tener testa all'élenchos. Questo distingue - sia o no il bene ousia - la conoscenza dalla semplice opinione. I dialettici, non a caso, sono definiti come gli esperti nell'interrogare e nel rispondere. [534d] Una scienza è tale soltanto se è consapevole della provvisorietà delle proprie nozioni e sa indicare un metodo per andare oltre ciò che si crede acquisito. A differenza di quanto è stato in seguito codificato nella disciplina didattica delle sette arti liberali, Socrate propone che l'aritmetica, la geometria e tutta l'educazione preparatoria, siano insegnate ai bambini, ma non a forza. Si tratta, infatti, di sviluppare e di mettere alla prova le loro facoltà, e non di imporre loro delle nozioni. Intorno ai vent'anni, cessati gli esercizi ginnici obbligatori, verranno selezionati i candidati alla dialettica, in base alla loro capacità sinottica, cioè alla capacità di avere uno sguardo complessivo e sistematico su quello che studiano. A trent'anni, i più solidi fra questi - quelli che discutono per conoscere il vero - verranno prescelti per la dialettica. Fino a cinquant'anni, alterneranno, ogni cinque anni, lo studio e il servizio politico, negli uffici propri dei giovani, come il comando militare. Infine, quelli che si sanno conservati integri alterneranno lo studio della parte più alta della filosofia con incarichi di governo, a turno. [538d ss] Quanto detto, precisa Socrate, vale in ugual misura per gli uomini e per le donne. [540c] |
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