Storia
L'idea di dar vita a una collana filosofica è nata in noi nel 2005: io e Jacopo collaboravamo ormai da 5 anni, scrivendo articoli e saggi per i nostri rispettivi siti filosofici (Filosofico.net il mio, Portalefilosofia.com il suo); la cosa che più ci aveva colpito era lo straordinario interesse che, al di là di ogni aspettativa, era in grado di destare la filosofia, coi suoi problemi, anche presso chi, propriamente, filosofo non era: addirittura, ricevevamo lettere di complimenti da gente che non aveva mai aperto un libro di filosofia e che, tramite i nostri siti, si era avvicinata alla materia, innamorandosene. Veniva evidentemente contraddetto l'antico luogo comune secondo cui la filosofia sarebbe un bene per pochi eletti: nell'epoca del "villaggio globale" e dell'incontenibile proliferare dei mass media, la filosofia, anziché sparire, sembrava trovare nuovi adepti. Sull'onda di questo entusiasmo, io e Jacopo ci siamo detti: perché non creare insieme qualcosa di "cartaceo", proponendo saggi, articoli, traduzioni destinate a uscire dal "mondo dei computer" e a trovare un loro spazio anche nel "mondo reale"? Ci siamo allora rivolti alla casa editrice "Il Prato", spedendo i nostri curricula e avanzando la proposta di creare dal nulla una collana filosofica finalizzata a riproporre grandi testi del passato e saggi filosofici. L'editore, piacevolmente stupito dalla nostra idea, ci ha dato il via libera: ed è così che è nata la collana "I Cento Talleri", della quale io e Jacopo siamo stati nominati "direttori" nel maggio del 2006.
Forse i lettori, ora che hanno letto quella che è stata, a grandi linee, la storia della nostra collana, saranno curiosi di sapere da dove è stato tratto il nome "I Cento Talleri". Sicuramente molti già lo sapranno: è stato Immanuel Kant a utilizzare quest'efficace espressione per demolire la cosiddetta "prova ontologica" ideata da Anselmo da Aosta e riproposta da numerosi autori successivi. Nel concetto di Dio come "essere perfetto" è inclusa, diceva Anselmo, l'esistenza stessa di Dio, in quanto, se ciò che è perfetto non esistesse, sarebbe privo di un attributo essenziale e, quindi, non sarebbe perfetto. Prova apparentemente inoppugnabile, ma che non convinse affatto Kant: questi osservava, infatti, che l'esistenza non entra nella determinazione del concetto, e quindi la sua assenza o presenza nulla tolgono o aggiungono alla perfezione di quest'ultimo . Sul piano logico - e qui entriamo nel vivo della questione - il concetto di "cento talleri", dice Kant, è perfetto sia che essi esistano sia che non esistano, anche se, ovviamente, sul piano reale sussiste una grande differenza tra le due ipotesi (coi cento talleri reali posso fare acquisti, con quelli ideali no.) . Cediamo, per un attimo, la parola a Kant stesso:
«Cento talleri reali non contengono assolutamente nulla di più di cento talleri possibili. Perché, dal momento che i secondi denotano il concetto, e i primi invece l'oggetto e la sua posizione in sé, nel caso che questo contenesse più di quello, il mio concetto non esprimerebbe tutto l'oggetto, e però anch'esso non ne sarebbe il concetto adeguato. Ma rispetto allo stato delle mie finanze nei cento talleri reali c'è più che nel semplice concetto di essi (cioè nella loro possibilità). Infatti l'oggetto, per la realtà, non è contenuto senz'altro, analiticamente nel mio concetto, ma s'aggiunge sinteticamente al mio concetto (che è una determinazione del mio stato), senza che per questo essere fuori del mio concetto questi cento talleri stessi del pensiero vengano ad essere menomamente accresciuti»
(Critica della ragion pura, Dialettica trascendentale, Laterza, Roma-Bari 2000, p. 383).
Diego Fusaro