Nell'autobiografia del maestro e filosofo Abelardo Historia Calamitatum Mearum (Storia delle mie disgrazie), la presenza di Eloisa con il suo amore e i suoi discorsi sottili e appassionati, occupa un quinto dell'opera: poco, se misurata con il metro dei romantici per i quali è la vicenda d'amore a dare grandezza ai due personaggi, tanto, se lo misuriamo sull'egotismo dell'autore e sulla tendenza misogina di quei tempi. E ricordiamo l'altra pagina, quella appena citata, così importante da spingerci a supporre un filo di doloroso amore lungo tutta la vita dei due protagonisti. Sicuramente lungo tutta la vita di Eloisa. Quali erano stati i ricordi della giovane donna in quei dieci anni trascorsi all'Argenteuil? Le sue prime parole, scritte verosimilmente nel 1132, si riferiscono ai primi anni di vita sigillata nel silenzio e ci dicono che Eloisa non poteva dimenticare. Ascoltiamola: "Anche quando dormo immagini ingannevoli mi perseguitano; persino durante la messa, quando la preghiera deve essere più pura, i turpi fantasmi di quelle gioie si impadroniscono della mia anima. lo sono costretta ad abbandonarmi a queste fantasie incapace persino di pregare. Invece di piangere, pentita per il passato, sospiro rimpiangendo quello che ho perduto. Ho davanti agli occhi sempre e soltanto te, l'amore che abbiamo avuto, i luoghi dove ci siamo amati, i momenti dove siamo stati vicini. Mi sembra di essere li ancora e neppure nel sonno riesco a calmarmi. Talvolta da un leggero movimento del mio corpo o da una parola che non sono riuscita a trattenere tutti capiscono i miei pensieri".