INDICE
INTRODUZIONE AL NEO-HEGELISMO ITALIANO
LA VITA E I RAPPORTI CON GENTILE
IL PENSIERO
“ La conoscenza ha due forme: è o conoscenza intuitiva o conoscenza logica; conoscenza per la fantasia o conoscenza per l’intelletto; conoscenza dell’individuale o conoscenza dell’universale; delle cose singole ovvero delle loro relazioni; è, insomma, o produttrice d’immagini o produttrice di concetti. […] Della conoscenza intellettiva c’è una scienza antichissima e ammessa indiscussamente da tutti, la Logica; ma una scienza della conoscenza intuitiva è appena ammessa, e timidamente, da pochi. La conoscenza logica si è fatta la parte del leone; e, quando addirittura non divora la sua compagna, le concede appena un umile posticino di ancella o di portinaia. Che cosa è mai la conoscenza intuitiva senza il lume della intellettiva? E’ un servitore senza padrone; e, se al padrone occorre il servitore, è ben più necessario il primo al secondo, per campare la vita. L’intuizione è cieca; l’intelletto le presta gli occhi. Ora, il primo punto che bisogna fissare bene in mente è che la conoscenza intuitiva non ha bisogno di padroni; non ha necessità di appoggiarsi ad alcuno; non deve chiedere in prestito gli occhi altrui perché ne ha in fronte di suoi propri, validissimi. […] I concetti che si trovano misti e fusi nelle intuizioni, in quanto vi sono davvero misti e fusi, non sono più concetti, avendo perduto ogni indipendenza e autonomia. Furono già concetti, ma sono diventati, ora, semplici elementi d’intuizione. […] Noi non possiamo volere o non volere la nostra visione estetica: possiamo, bensì, volerla o no estrinsecare, o, meglio, serbare e comunicare o no agli altri l’estrinsecazione prodotta. ” (Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, parte I, cap. I).
Croce impiega una procedura dicotomica, distinguendo le due forme possibili di conoscenza, caratterizzate da due serie parallele di proprietà; da una parte, la conoscenza intuitiva, che avviene mediante la fantasia, ha per oggetto l’individuale, ossia entità singole, e dà luogo alla produzione di immagini; dall’altra, invece, la conoscenza logica (cui Croce dedicherà una trattazione apposita, la “ Logica come scienza del concetto puro ”), che avviene mediante l’intelletto, ha per oggetto l’universale, cioè le relazioni tra le cose, e dà luogo alla produzione di concetti. Contro la tradizionale subordinazione della conoscenza intuitiva, immediata, rispetto a quella intellettiva e concettuale, Croce rivendica a pieno titolo l’autonomia e la dignità di essa. In campo estetico, Croce mostra una netta chiusura verso l’allora trionfante decadentismo: esso è, ai suoi occhi, una grave malattia, una mancanza di sincerità, poiché con esso si crede e non si crede, si annega la confusione mentale in un mare magnum di parole altisonanti e suadenti che suggestionano, si creano miti nei quali si finisce per credere troppo. In altre parole, la cultura del decadentismo è un’offesa che l’uomo di cultura conduce contro i suoi lettori; la stessa nascita della dittatura fascista è da Croce, per alcuni versi, letta come produzione estrema del decadentismo: per usare le sue stesse parole, è “ un’industria del vuoto ”, che si adopera per non produrre nulla. La poesia, secondo Croce, non è tale in quanto dice belle cose imbevute di patriottismo (com’era per D’Annunzio): la vera poesia non è propagandistica, ma è intuizione pura, rappresentazione alimentata da un forte sentimento individuale in cui l’artista realizza una perfetta ed armoniosa fusione fra contenuto e forma: tipico esempio è la figura di Polifemo, che rappresenta in modo impeccabile la forza bruta. D’Annunzio è, del resto, secondo Croce il “ padre spirituale ” del nazionalismo italiano: il poeta e soldato, la cui sola musa fu la violenza, è un mistificatore del pensiero di Nietzsche, dice Croce, e ciò è perfettamente espresso nella frase crociana “ letto che ebbe qualcosa del Nietzsche ”, con cui sottolinea come D’Annunzio fosse andato incontro a colossali fraintendimenti del pensiero nietzscheano, in buona parte dovuti al fatto che l’aveva letto in modo non sistematico. Dal primo momento (appena descritto) dello spirito teoretico si passa, nel sistema crociano, al secondo momento, che è costituito dal pensiero logico . Come l'arte è conoscenza dell'individuale, così il pensiero logico è pensamento dell'universale; e, per il principio dell'implicazione dei distinti, il pensamento dell'universale è unità di universale e d'individuale, di concetto e d'intuizione. Come tale, il pensiero logico è rapporto di soggetto (ossia di un fatto, quale che esso sia) e di predicato, è determinazione della particolarità del fatto (che si è intuito) nell'universalità del concetto (di cui lo si predica): è, in fin dei conti, giudizio su singole realtà di fatto. E, giacchè il giudizio sulle singole realtà di fatto è giudizio sui fatti nel loro farsi (per la ragione che fatti che non si facciano, che non diventano, o fatti per così dire immobili non si ritrovano né si concepiscono nel mondo della realtà), evidente è che tale giudizio è e non può essere che un giudizio storico. Ne consegue che il pensiero logico è, in quanto tale, un pensare storico : proprio in ciò risiede la tesi portante della " Logica " e, anzi, di tutta l'opera crociana. E' la tesi per la quale la filosofia, scienza dei concetti, si identifica con la storia, scienza dei giudizi: ecco perché Croce può asserire che " i veri filosofi, se ne avvedessero o no, non hanno mai fatto altro che rinvigorire e raffinare i concetti per far sì che meglio si intendano i fatti, cioè la realtà, cioè la storia "; è dunque necessario, per usare le stesse parole impiegate da Croce, rendere " filosofica la storia, ma nell'atto stesso storica la filosofia, e indirizzandola a non altro che a risolvere i problemi che il corso delle cose propone sempre nuovi ". Questa identità tra filosofia e storia implica un approfondimento storico dei problemi della filosofia e, insieme, un approfondimento filosofico della storia, cosicchè la storia non si compendia in un'arida registrazione e giustapposizione di nudi fatti individuali, ma in un'interpretazione e connessione mentale di essi, per cui il loro svolgimento coincide con lo sviluppo stesso della vita dello Spirito: e poiché lo Spirito è pura razionalità, allora la storia (come già aveva sottolineato Hegel) procede in modo assolutamente razionale. L'identità della filosofia con la storia rappresenta, di conseguenza, per Croce un'istanza decisiva contro la vecchiaia e, possiam dire, teologica filosofia della storia, che avanzava la pretesa di compendiare in astratti schemi e di predeterminare le leggi del divenire storico: il divenire storico, viceversa, ha in se stesso, e non fuori né al di sopra, la norma e la misura dei suoi valori. Ma, identificata la filosofia con la storia e intesa la storia come una realtà piena dello Spirito, ne consegue anche che l'idea di una scienza distinta ed autonoma che si occupi di problemi "massimi" ed "eterni" è un'idea antiquata (che non ha più ragion d'essere) della filosofia, dovuta alla sopravvivenza in essa delle vecchie sue forme metafisicizzanti. L'idea adeguata della filosofia è invece, nella prospettiva di Croce, quella per la quale essa diviene un semplice momento trascendentale della conoscenza storica, sicchè il suo solo compito è di apprestare alla conoscenza storica le categorie della sensibilità del reale. Ne deriva che la filosofia è, come dice Croce, il mero momento metodologico della storiografia, la mera delucidazione delle categorie costitutive dei giudizi storici; e poiché la storiografia ha per contenuto la vita concreta dello Spirito, e questa vita è vita di fantasia e di pensiero, di azione e di moralità (quali sono appunto le forme in cui si estrinseca) e in questa varietà delle sue forme è pur una, la delucidazione delle categorie storiche si muove secondo la distinzione dell'estetica e della logica, dell'economia e dell'etica, e le congiunge tutte nella filosofia dello Spirito: questa tesi Croce la esprime in " Teoria e storia della storiografia " e, più particolarmente, in " La storia come pensiero e come azione ". In questa concezione, tuttavia, vi è qualcosa di più della mera identità tra la filosofia e al storia: la filosofia, infatti, negata come scienza a sé stante e considerata come categoria della storia, finisce col trovare solo in quest'ultima il suo inveramento, finisce cioè col risolversi integralmente nella storia. E' così che Croce è via via pervenuto al pieno capovolgimento della posizione iniziale del suo pensiero di fronte al problema storico: dalla considerazione iniziale della storia come arte (nel saggio giovanile " La storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte ") a quella che ne fa una forma di realtà autonoma, inferiore alla filosofia, a quella dell'identità e reciprocità piena con la filosofia, infine a quella dell'integrale risoluzione della filosofia nella storia come " storia pensata ", egli ha, come si vede, descritto un ciclo evolutivo, parallelo all'evolversi stesso e all'arricchirsi progressivo del suo pensiero. Ecco perché si è soliti definire la filosofia di Croce come la "filosofia dello storicismo assoluto". Per essa, infatti, tutta la realtà è Spirito, tutta la realtà è storia: anche ciò che chiamiamo natura è processo storico, è processo spirituale che abbiamo, nondimeno, distanziato così tanto che, per il fatto che ci limitiamo a considerarne le manifestazioni sommariamente e dall'esterno, ci sembra che siano manifestazioni di una realtà meccanica e quasi esterna allo Spirito. E' così mostrata l'umanità della storia nel senso più largo, nel senso inclusivo anche della storia della cosiddetta natura: come dell'uomo si può fare una storia naturale (esteriore e meccanizzata), così della natura si può fare una storia umana (interiore, cioè, e spiritualizzata). L'opposizione tra natura e spirito è pertanto opposizione non tra due realtà, ma tra due metodi diversi d'investigazione della medesima realtà, dice Croce. Il metodo interno al reale, o della spiritualità e storicità del reale, è il metodo per il quale la storia, per remoti o remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti presi a considerare, è sempre storia contemporanea, è sempre storia riferita al bisogno e alla situazione presente che la suscita e la crea: ecco perché " ogni storia è storia contemporanea ", in quanto la ricerca sul passato è sempre frutto di interessi, domande, curiosità, che nascono dall'oggi. Ed è, insieme, il metodo per il quale ogni storia, per particolare che sia il problema preso in considerazione, è sempre storia universale, è sempre storia procedente dall'universalità del soggetto e comprendente nella particolarità di quel problema la totalità dello Spirito. Il metodo invece esterno al reale, o della materializzazione e meccanizzazione del reale, è il metodo del giudizio classificatorio (produttore di pseudoconcetti), che, a differenza del giudizio storico (fondato sui concetti), dà d'una realtà oggettiva e resa estranea e delle infinite sue determinazioni una rappresentazione schematica, abbreviata secondo formule che non sono né vere né false ma sono solo utili ai bisogni della pratica. Si è pervenuti, per questa via, ad esaminare la sfera dell' attività pratica e, più precisamente, economica dello Spirito. E' la sfera nella quale, appunto, rientrano, secondo Croce, i "giudizi classificatori", che si son detti, e le scienze empiriche, che su quei giudizi si costruiscono. Appare qui evidente l'influenza delle filosofie empiriocriticistiche (specialmente quella di Mach) per le quali, come si ricorderà, le leggi formulate dalle scienze sono solo espressione di economia di pensiero; ma è anche evidente che, diversamente da quelle filosofie e conformemente in qualche modo alle filosofie spiritualistiche francesi, il sapere scientifico, come totalmente estraneo all'attività teoretica, non è per Croce che una sorta di sapere inferiore, non è anzi alcun sapere affatto (dato che il vero o il solo sapere è quello filosofico). Con le scienze della natura, o con la considerazione naturalistica della realtà, rientrano anche nella sfera dell'economico, dell'utile, le altre attività pratiche dello Spirito: quali quelle del diritto, della politica, dell'economia in senso stretto. Sono le attività su cui Croce si è soffermato con particolare attenzione, per la viva influenza che ha esercitato su di lui (anche se volto a tutt'altro segno) il pensiero di Marx. Come Marx, infatti, egli riduce a economia, a espressione dell'attività economica, il diritto e la politica; ma, in contrasto con Marx, da tale attività distingue, secondo la sua dottrina, e afferma come aventi propria assoluta autonomia così i valori morali (che stanno a quelli economici come l'universale all'individuale) come, e a maggior ragione, i valori del bello e del vero. Si conclude così l'esame delle forme categoriali dello Spirito, che (per il nesso dei distinti) sono insieme congiunte in un procedimento circolare, per il quale la teoresi è condizione per la prassi e la prassi è condizione per la nuova teoresi, e così via nell'infinito procedere della realtà. Giacchè la realtà, come è noto, non è altro se non storia: storia intesa come pensiero e come azione, come libero esplicarsi e incessante progredire della vita attraverso il dispiegarsi delle forme o dei valori (teoretici e pratici) che sono ad essa immanenti.