L'IPPIA MINORE
Questo dialogo , come l'Ippia Maggiore , é dedicato al famoso filosofo nativo di Elide , vissuto nella seconda metà del quinto secolo a.C. Dotato di memoria straordinaria , eresse ad arte sistematica la mnemotecnica ; geniale , versatile , era anche caratterizzato da una sconfinata vanità e da un sensibile amore per la ricchezza . Socrate , che trattò tutti i grandi sofisti con una sorta di rispetto compatibile con la profonda diversità delle rispettive concezioni di vita , é spietatamente ironico nei riguardi di Ippia . Questi appare costantemente inadeguato nei confronti dei problemi affrontati , in genere addirittura incapace di afferrare la vera natura e portata , sempre impossibilitato a proporre per essi una accettabile soluzione . La discussione tra lui e Socrate assume a volte sfumature grottesche ed eccenti di assurdità , perchè più che mettere in evidenza una divergenza di opinioni , rivela l'appartenenza dei due a sfere di pensiero talmente estranee l'una all'altra , da rendere impossinbile una reale comunicazione reciproca . Ippia ha comunque una capacità di ripresa eccezionale , quando capisce di essere in difficoltà ; la sua fiducua in se stesso é incrollabile e non si lascia scalfire neppure in superficie dalle critiche dell'avversario . Egli fa ricadere su Socrate e sul suo metodo di indagine la totale responsabilità del fallimento della ricerca , da cui esce indenne ed ulteriormente imbaldanzito . Platone ne fa un personaggio vivace , gli riconosce doti non comuni di erudizione e di personale abilità , ne evidenzia il successo in termini di fama e denaro , ma ironizza senza pietà sulla sua statura umana e sulla sua inconsistenza di educatore e filosofo . Il Socrate dell'Ippia minore é quello caratteristico delle opere giovanili di Platone . L'autenticità del dialogo non é mai stata messa in discussione , in quanto attestata da un passo di Aristotele della Metafisica in cui pronuncia esplicitamente " En tò Ippia " ( nell'Ippia ) : é probabile che il dialogo sia stato composto nello stesso periodo del " Protagora " , sia per la somiglianza stilistica sia per l'atteggiamento assunto nei confronti dei poeti . La scena del dialogo si svolge in uno dei numerosissimi ginnasi di Atene , in cui il sofista Ippia ha pronunciato un altisonante discorso su Omero , il presunto autore dell'Iliade e dell'Odissea , suscitando entusiasmo nella folla degli ascoltatori e perplessità in Socrate . Eudico , grande ammiratore di Ippia , nota le perplessità di Socrate e gli propone un dialogo con Ippia stesso affinchè possa chiarire le sue perplessità . Così Socrate viene a colloquio con Ippia : chi é superiore , Achille , protagonista dell'Iliade e emblema della forza fisica , o Odisseo , protagonista dell'Odissea ed emblema dell'astuzia ? Ippia dice che Achille é l'uomo sincero per eccellenza , mentre Odisseo quello scaltro , il mentitore . I mentitori , secondo Ippia , sono senz'altro intelligenti , altrimenti non riuscirebbero ad ingannare , e sapienti , perchè sanno ciò che fanno ( sono consapevoli ) . Dunque , dice Socrate , i mentitori sono persone in gamba , capaci e sapienti : insomma mentitore é chi sa e che può mentire . Quindi gli incapaci e gli ignoranti , stando così le cose , non possono mentire . Socrate arriva a dimostrare ad Ippia , che é convinto che ci sia una distinzione nettissima tra chi mente e chi non mente , che a mentire e a dire il vero possono essere la stessa persona . Socrate chiede ad Ippia quanto fa 700 per 3 e lui risponde correttamente 2100 ; ma il mentitore può mentire anche nei calcoli ? Certo , dice Ippia ! E fa un calcolo errato . Così Socrate , in modo molto semolice , gli dimostra quanto voleva . Ippia ha un momento di riflessione ed é in crisi : poi il dialogo riprende . Socrate arriva a dimostrare con una dimostrazione quasi paradossale , ma tuttavia coerente che chi fa il male volontariamente é migliore di chi lo fa senza volerlo . La vera anima , quella giusta , dice Socrate , é capace di compiere il male , ma solo volontariamente .