JACQUES MARITAIN
A cura di Giancarlo Galeazzi
"L'ideale supremo cui deve tendere l'opera politica e sociale
dell'umanità è l'inaugurazione di una città fraterna, la quale non comporta la
speranza che tutti gli uomini saranno un giorno perfetti sulla terra e si
ameranno fraternamente, sibbene la speranza che lo stato esistenziale della vita
umana e le strutture della civiltà si avvicineranno sempre più alla perfezione,
la cui misura è la giustizia e l'amicizia. " ("Per la giustizia")
INDICE
VITA
E OPERE
LE
DIFFERENZE NEL PENSIERO DI MARITAIN
LE
DIVERSE FASI DEL PENSIERO DI MARITAIN
I
TEMI PRINCIPALI
LA
PEDAGOGIA
VITA E OPERE
La vita di Jacques
Maritain (nato a Parigi nel 1882, morto a Tolosa nel 1973) è suddivisibile in
quattro periodi. Nel periodo giovanile,tra il 1900 e il 1906, si collocano
alcuni incontri fondamentali: oltre che con Raissa Oumancçoff (Rostov, 1883 -
Parigi, 1960), che divenne sua moglie, con Péguy, Bergson, Bloy, che influì
sulla conversione dei Maritain avvenuta nel 1905. Nel secondo periodo, che va
dal 1905 al 1930, Maritain visse in Francia (salvo il biennio degli studi di
biologia a Heidelberg presso H. Dreisch) e contribuì alla rinascita del tomismo,
pubblicando nel 1914 la sua prima opera su "La filosofia bergsoniana" e nel 1922
il volume intitolato "Antimoderno", e creando, nello stesso anno, i cosiddetti
Circoli tomistici. Dal 1914 è professore di storia della filosofia moderna
all'Institut Catholique di Parigi. Dal 1923 a Meudon la casa dei Maritain
diventa luogo di incontri culturali di filosofi, teologi, scrittori, poeti,
artisti. Prosegue la sua attività di professore (dal 1928 insegna logica e
cosmologia) e di conferenziere in Francia e in vari paesi europei e americani.
Nel 1926 avviene il distacco dall' "Action Française", movimento di destra, per
il quale aveva simpatizzato prima della condanna di Pio XI. Dal 1930 al 1960 si
colloca un nuovo periodo, che è avviato dallo scritto "Religione e cultura". Nel
1932 pubblica il suo capolavoro, "Distinguere per unire (o i gradi del sapere)",
e nel 1936 l'opera sua più famosa, "Umanesimo integrale", che susciterà intorno
a Maritain vivaci polemiche. Tra il '35 e il '37 prende posizione contro
l'invasione dell'Etiopia, il bombardamento di Guernica, la guerra di Spagna. A
causa del nazismo i Maritain si trasferiscono negli Stati Uniti (1940-44) e a
New York Jacques insegna nelle università di Princeton e della Columbia, e tiene
conferenze in numerose città americane. È anche tra gli animatori della
resistenza francese. Nel 1942 pubblica " I diritti dell'uomo e la legge
naturale", l'anno successivo "L'educazione al bivio", e nel 1944 il volume di
metafìsica e morale significativamente intitolato "Da Bergson a Tommaso
d'Aquino". Dal 1944 al 1948 è a Roma quale ambasciatore di Francia presso la
Santa Sede. In questo periodo pubblica due sintetiche ma importanti opere: il
"Breve trattato dell'esistenza e dell'esistente" e "La persona e il bene Comune"
(1947). Dal 1948 al I960 i Maritain risiedono nuovamente negli USA, e a
Princeton Jacques insegna filosofia morale. Importante anche il suo contributo
in tema di diritti umani e di pace. Nel 1951 pubblica il suo capolavoro di
filosofia politica, "L'uomo e lo stato"; nel 1953 il suo testo base di estetica,
"L'intuizione creativa nell'arte e nella poesia"; nel 1957 le lezioni "Per una
filosofia della storia"; nel 1959 la sua opera pedagogica completa, "Per una
filosofia dell'educazione", e nel 1960 l'esame storico di "Filosofia morale".
Nel 1960, durante uno dei periodici rientri in Francia, Raissa muore a Parigi.
L'ultimo periodo va dal 1960 al 1973, quando Maritain vive presso la comunità di
Tolosa dei Piccoli Fratelli di Gesù. Nel 1961 riceve dall'Accademia francese il
Gran Premio della Letteratura, e nel 1963 riceve il Gran premio nazionale delle
Lettere. Durante il Concilio ecumenico Vaticano II è da Paolo VI più volte
interpellato su alcune questioni dibattute. Nel 1965 Papa Montini gli consegna
il Messaggio dei Padri conciliari agli intellettuali. Nel 1966 pubblica "Il
contadino della Garonna" sul concilio e sul dopo-concilio, e il libro pone
Maritain al centro di rinnovate polemiche. Nel 1970 entra a far parte dei
Piccoli Fratelli di Gesù. La sua ultima opera, "Approches sans entraves", esce
postuma qualche mese dopo la sua morte.
LE DIFFERENZE NEL PENSIERO
DI MARITAIN
Sono essenzialmente
due le peculiarità che contraddistinguono la filosofìa maritainiana: essa
risulta caratterizzata per un verso da unitarietà di ispirazione e per altro
verso da articolazione di percorso. Infatti, nell'itinerario speculativo di
Maritain possono essere individuati tré periodi diversi e, insieme, può essere
rintracciato un filo conduttore che li accomuna. Con ciò si intende dire che,
sostanzialmente, il programma di Maritain è rimasto sempre lo stesso, pur se
specificato in diversi modi, anche in relazione alla contingenza
storico-culturale. Riguardo alla costante, si può dire che il pensiero di
Maritain si caratterizza (per usare il titolo di una delle sue prime opere) come
antimoderno , nel senso che Maritain sviluppa una decisa
critica alla modernità, di cui, peraltro, sa apprezzare certi aspetti; in altre
parole, Maritain si caratterizza per un atteggiamento che, seppur critico nei
confronti della modernità, non gli impedisce di coglierne gli aspetti positivi,
di operare cioè una valutazione che ne mette in luce non solo le " verità
impazzite ", ma anche i " guadagni storici ". Questi ultimi si
possono adeguatamente valorizzare, a condizione di abbandonare l'orizzonte della
modernità, vale a dire l'immanentismo, che non permette alla pur valida esigenza
di umanesimo di essere effettivamente umanistica. Infatti, non l'umanesimo, ma
il suo carattere antropocentrico è ciò che Maritain critica. Pertanto, il suo
programma può essere sintetizzato con il titolo di un'altra sua opera,
"Umanesimo integrale" (1936): si tratta di un umanesimo
antimoderno che attraversa la modernità pervenendo alla ultra-modernità,
operando così una serie di acquisizioni oltre che di rifiuti. Quest'opera di
discernimento è effettuata grazie al tomismo , inteso
come una filosofia cristiana che, ispirandosi a Tommaso, è capace di accogliere
e assimilare le anime di verità che si trovano nella cultura moderna e che,
liberate dalla loro caratterizzazione immanentistica (o antropocentrica), sono
conciliate con altre acquisizioni classiche, producendo un'inedita sintesi che
va al di là del premoderno e del moderno, e caratterizza la posizione
maritainiana come ultra-moderna (una filosofia per i tempi nuovi). Tale è l'
umanesimo integrale , che è umanesimo (cioè
valorizzazione dell'uomo) in termini di integralità antropologica e integrazione
assiologica; si tratta infatti di un umanesimo che vuole valorizzare tutto
l'uomo, e dunque essere rispettoso della integralità della persona umana, e che
vuole valorizzare quanto di positivo c'è nelle diverse concezioni dell'uomo,
realizzando una loro feconda integrazione. È, questo, il duplice significato
dell'aggettivo "integrale" con cui Maritain qualifica il suo umanesimo,
connotato come un " ideale storico concreto " da individuare attraverso
una pars destruens (la critica all'antropocentrismo) e una pars
costruens (la proposta di un nuovo umanesimo). La continuità del pensiero
maritainiano non deve far dimenticare la diversità di momenti in cui si
articola. Tré sono quelli fondamentali: il primo si colloca negli anni Dieci e
Venti del Novecento; il secondo va dagli anni Trenta agli anni Cinquanta; il
terzo comprende gli anni Sessanta e Settanta. Queste tré fasi, pur accomunate
dal programma di nuovo umanesimo, si differenziano per il diverso modo in cui
vengono configurate la parte destruens e quella costruens della riflessione
maritainiana. Nel primo periodo la critica è svolta soprattutto nei confronti
del positivismo e dell'idealismo , e la proposta si connota come rinascita
del tomismo. Nel secondo periodo la critica riguarda per un verso
l'individualismo (borghese) e per altro verso il collettivismo (marxista) ,
e la proposta è quella di una nuova cristianità. Nel terzo periodo la critica
concerne il relativismo e il nichilismo e la proposta va in direzione della
liberazione dell'intelligenza e di una nuova spiritualità. Lungo questo
percorso, Maritain svolge in chiave tomista una riflessione che può definirsi
personalista , in quanto l'idea di persona è alla base
della critica e della proposta di Maritain in ciascuna fase del suo itinerario
speculativo.
LE DIVERSE FASI DEL PENSIERO
DI MARITAIN
Nella prima fase del
suo pensiero, la posizione di Maritain si caratterizza come reazione alle
culture della separazione e dell'identità. La separazione è imputata a quelli che Maritain chiama i " tré
riformatori " - Lutero, Cartesio e Rousseau (i quali hanno, rispettivamente,
opposto natura e grazia, ragione e fede, natura e ragione) - e all'identità
operata in diverso modo dall'idealismo e dal positivismo. A tutto ciò Maritain
risponde rivendicando il valore del tomismo come filosofia dell'essere
incentrato sulla persona, che è da difendere nella sua universalità di contro
agli individualismi e nella sua concretezza di contro ai trascendentalismi. In
questa prima fase la concezione maritainiana è essenzialmente anti-individualista (contro i tré riformatori) per un verso e
anti-monista (contro l'idealismo e il positivismo) per
l'altro. La seconda fase vede Maritain impegnato contro gli
imperialismi culturali antichi e moderni e contro i totalitarismi ideologici di
destra e di sinistra ; è così che Maritain si fa assertore di una
epistemologia e di una metafisica esistenziali, caratterizzate dal pluralismo
noetico e realistico in alternativa all'ontologismo classico e allo scientismo
moderno, non meno che all'idealismo e al positivismo, e si fa anche assertore di
un personalismo in termini di difesa della dimensione individuale in alternativa
al collettivismo, e della dimensione comunitaria in alternativa
all'individualismo. Al liberalismo e al socialismo, che approdano, nei loro
esiti estremi, al totalitarismo nazista e a quello sovietico, Maritain oppone il
personalismo caratterizzato in senso pluralistico e
solidaristico. Sono emblematiche di queste vedute opere come "I gradi del
sapere" e "Umanesimo integrale", che, dal punto di vista della filosofia
dell'essere e del sapere per un verso e della filosofia della cultura e della
politica per l'altro, sono alternative al neopositivismo, all'esistenzialismo,
al marxismo. Quello di Maritain è un umanesimo che s'ispira al Vangelo; ma tale
richiamo ha carattere non specificamente confessionale ma etico, non
propriamente religioso ma valoriale, mettendo in luce ciò che nella sua radice è
motivato cristianamente ma nella sua espressione è aperto universalmente. Da
"Lettera sull'indipendenza" del 1935 a "La persona e il bene comune" del 1947,
il personalismo maritainiano viene presentato come una terza via; in realtà è
una vera e propria via alternativa, che non ha nulla di mediano. Infatti, per
quanto conservi il richiamo a certi valori liberali e socialisti (che poi,
secondo Maritain, sono valori cristiani secolarizzati), va oltre
l'individualismo borghese e il collettivismo marxista, e rifiuta con decisione
il loro esito immanentistico e le varie forme di totalitarismo ideologico in cui
sboccano, così come il realismo maritainiano dal punto di vista metafisico e
noetico si caratterizza per un organico pluralismo , in
base al quale si rispettano le articolazioni della realtà e i gradi del sapere,
superando gli imperialismi di tipo ontologico e quelli di tipo empiriologico.
Nella terza fase, il filosofo nella società (come suona il titolo di un'opera
del 1960) si trova impegnato a far valere le ragioni della filosofia dell'essere
e della persona in un contesto storico profondamente mutato, per cui deve
misurarsi con nuove sfide culturali, sociali, religiose ed educative. Sotto
questo profilo opere come i due discorsi sulla pace, "L'uomo e lo stato", "Il
contadino della Garonna" e "Per una filosofia dell'educazione" offrono
interessanti indicazioni in direzione di una rinnovata ispirazione personalista
capace di far fronte al nichilismo veritativo, al machiavellismo politico, al
secolarismo antireligioso e al totalitarismo tecnocratico. In particolare,
"L'uomo e lo stato" condivide con le opere precedenti l'ispirazione personalista
(evidente fin dal titolo con la priorità data all'uomo, di cui l'opera rivendica
il primato quale persona rispetto allo Stato quale strumento), ma diversamente
da opere precedenti insiste su un concetto più laico di democrazia come razionalizzazione etica della vita sociale :
il suo fondamento è la persona (da qui il richiamo ai diritti, come espressione
della sua dignità); il suo metodo è il pluralismo di tipo collaborativo e non
disgregante, e il suo fine è la pace non come assenza di conflitti ma come
capacita di risolverli in modo non violento anche attraverso organismi
internazionali. La nuova sfida è, dunque, quella della società complessa,
caratterizzata dalla tentazione del relativismo. Da qui l'attenzione riservata
al problema del rapporto tra verità e libertà e al significato della tolleranza . Questa non va intesa come sopportazione (che
nasconde l'integralismo) nè come indifferenza (che approda allo scetticismo), ma
come dialogo che si realizza nell'amicizia, cioè nel confronto e nella
collaborazione. Dunque nelle tré fasi dell'itinerario maritainiano troviamo
prima un'impostazione prevalentemente anti-individualistica, poi anti-ideologica
e infine anti-relativistica: di volta in volta si è configurato un bivio, di cui
una delle due possibilità è quella umanistica in opposizione rispettivamente
all'individualismo, all'ideologismo e al nichilismo. Tré espressioni, queste,
che a ben vedere hanno qualcosa in comune: l'incapacità di tenere insieme
elementi che, invece, sono coessenziali: la verità e la
libertà , senza le quali l'idea stessa di persona è
compromessa. Da parte di Maritain c'è dunque il rifiuto dell'enfatizzazione
dell'individuo (come nei tré riformatori), dello Stato (come nei totalitarismi)
e , della massa (come nella società dei consumi): la persona è più che
l'individuo egocentrico, è più che lo Stato totalitario, è più che la società
massificata. La persona è soggetto, che " ha fame e sete dell'essere " ed
è impegnato nella " conquista della libertà ". Da quanto detto, dovrebbe
risultare che Maritain dagli anni Venti agli anni Trenta agli anni Sessanta è
stato impegnato in un'inedita riproposta del tomismo, finalizzata a rendere
possibile una conciliazione di pre-modemo e moderno (in quello che l'uno e
l'altro hanno di positivo) per una concreta difesa della persona umana nei
diversi campi del conoscere, dell'agire e del fare. Esaminiamo dunque più da
vicino questi diversi settori - epistemologico, politico, pedagogico ed estetico
- in cui Maritain ha dato il suo contributo di impegno speculativo e pratico.
I TEMI PRINCIPALI
In Maritain l'idea
di epistemologia si configura come teoria del sapere, in
quanto secondo lui il sapere non è solo quello sapienziale (del pensiero
classico) nè solo quello scientifico (del pensiero moderno), ma è sia
sapienziale che scientifico, e pertanto una teoria del sapere deve occuparsi
dell'uno e dell'altro. Le scienze si distinguono in scienze
empiriche e scienze formali . Le scienze
empiriche (che Maritain chiama "empiriologiche") si distinguono in "scienze
empiriometriche" (matematizzate) e "empirioschematiche" (non matematizzate): le
prime si subordinano in senso forte alla matematica, cioè non si costituiscono
senza di essa, invece le seconde si subordinano in senso debole alla filosofia,
cioè si costituiscono senza di essa, seppure ad essa si colleghino per essere
complete. Mentre le scienze sperimentali si collocano al primo grado di
astrazione, le scienze matematiche si collocano al secondo grado. Mentre quelle
sono induttive, queste sono deduttive. Ma, pur nella differenza, le une e le
altre si configurano come sapere di tipo scientifico. Invece, hanno una
caratterizzazione ontologica la filosofia della natura ,
che si colloca al primo grado di astrazione, e la metafìsica, che si colloca al
terzo grado di astrazione formale. Bisogna peraltro ricordare che " tutti e
tré i gradi della visualizzazione astrattiva sono, a diverso modo, impegnati con
l'essere (non solo la conoscenza metafìsica) ". Per Maritain si tratta
insomma di tenere ferma la verità di Aristotele (il sapere ontologico della
natura) e la verità di Galilei e di Kant (il sapere empiriologico della natura);
il problema contemporaneo è quello di sviluppare la filosofia della natura
tenendo conto dei progressi della scienza della natura. Lo sviluppo della
filosofia della natura è positivo in relazione non solo alle scienze, ma anche
alla metafìsica. Con l' ontologia entriamo nel dominio
della sapienza, che è filosofica, ma non solo filosofica; oltre alla metafisica,
che " è una sapienza della ragione " ed " è naturale per sua
essenza ", è bene riconoscere il sapere teologico, che si distingue in
teologia dogmatica, che " è una sapienza di fede e di ragione, una sapienza
di fede che usa la ragione ", e teologia mistica, che " è una sapienza di
amore e di unione ". Dunque, al culmine dei gradi del sapere si trova la
mistica, la cui specificità è innegabile, ma è altrettanto innegabile che pure
si tratta di un sapere, da tenere distinto e unito agli altri gradi del sapere.
Bisogna subito rilevare che il problema politico è stato
tra i problemi privilegiati da Maritain, anzi, si può senz'altro affermare che
ad esso l'autore ha dedicato il maggior numero di opere. La cosa non deve
stupire, perché, in una qualche maniera, nella politica trova il banco di prova
la filosofìa maritainiana, che mostra come le impostazioni di carattere
ontologico ed epistemologico, lungi dall'essere astratte questioni,
costituiscano invece il fondamento dell'agire e del fare: la morale e la
politica per un verso, la pedagogia e l'estetica per l'altro risultano i terreni
privilegiati per tradurre i princìpi metafìsici nella concretezza dell'essere
persona. Detto questo, bisogna aggiungere che, tra i tanti problemi politici
affrontati da Maritain, quello principale è il problema della rifondazione della democrazia , un problema che si colloca
nell'orizzonte del significato che deve essere attribuito alla politica. Due le
concezioni che si scontrano al riguardo: quella tecnica o antiumanistica e
quella etica o umanistica: l'opzione maritainiana è stata sempre per
quest'ultima, chiarita compiutamente lungo un itinerario che si può suddividere
in tré fasi. Nel decennio che va da "Antimoderno" (1922) a "Strutture politiche
e libertà" (1933) si ha un periodo di preparazione, in cui prevale un
atteggiamento di critica della democrazia, così come si era andata configurando:
non si tratta di un Maritain antidemocratico, bensì di un Maritain critico delle
contraddizioni che rinviene in certa democrazia reale. Proprio dalla denuncia
delle fragilità della democrazia si fa strada in Maritain l'esigenza di operare
una sua rifondazione: dunque, prima ancora che in presenza dei totalitarismi
ideologici, è in presenza della pseudo-democrazia (fattore favorente di questi
stessi totalitarismi) che Maritain avvia la sua riflessione di filosofo della
politica. Una riflessione che viene sviluppata nel decennio che va dal 1933 al
1943: in questo periodo - che comprende opere come "Umanesimo integrale" e
"Cristianesimo e democrazia" - Maritain è impegnato nella lotta ai totalitarismi
ideologici (frutto del machiavellismo) e nella legittimazione della democrazia
in termini religiosi, evidenziando il nesso tra democrazia e cristianesimo sul
piano valoriale. Contemporaneamente, non manca di denunciare ancora una volta i
pericoli di una pseudo-democrazia che prepara il totalitarismo tecnologico. Le
varie forme di totalitarismo nascono da una politica che, in modi diversi, non
riesce ad essere autenticamente democratica. Il problema allora - e siamo al
periodo che va dal 1943 al 1969 cioè da "L'educazione al bivio" alla seconda
edizione di "Per una filosofia dell'educazione"- é quello di evidenziare la
connotazione umanistica della politica, il che significa per un verso denunciare
la tentazione della tecnocrazia e per altro richiamare ancora una volta alla
dimensione etica della democrazia. Nella rifondazione che della democrazia
Maritain opera in termini etico-religiosi, prima, ed etico-laici, poi, rimane
costante l'individuazione dei caratteri distintivi della democrazia, mentre
variano le motivazioni legate prima all'idea di "nuova cristianità" ("Umanesimo
integrale") e poi all'idea di società pluralistica ("L'uomo e lo stato"). Ma al
di là di queste diverse ispirazioni, è costante l'indicazione di una democrazia
come politica personatistica, pluralistica, comunitaria e antiperfettistica,
cioè fondata: sul primato della persona come valore in sé; sul rispetto del
pluralismo come valorizzazione delle diversità individuali istituzionali,
culturali ecc, sul raggiungimento del bene comune, che non è la somma dei beni
individuali o della maggioranza, ma è il bene della società in quanto composta
di persone; sulla consapevolezza che nulla di mondano può essere assolutizzato,
per cui riconoscere l'assoluto come trascendente può immunizzare dalla
tentazione del perfettismo politico. Per tutti questi caratteri, la democrazia
configura la politica come razionalizzazione etica, e non come mera
razionalizzazione tecnica.
LA PEDAGOGIA
Anche se la
produzione pedagogica di Maritain non è quantitativamente rilevante (al problema
dell'educazione ha, infatti, dedicato uno solo dei sessanta volumi che
compongono la sua opera omnia ), è da dire che rilevante è l'importanza
di "L'educazione al bivio" ( primo nucleo di "Per una filosofia
dell'educazione") sia in sé, come si può vedere esaminando le diverse edizioni
dell'opera; sia in collegamento ai capolavori di filosofia politica come
"Umanesimo integrale" (per realizzare un umanesimo integrale ci vuole
un'educazione integrale) e "L'uomo e lo stato" (per attuare la democrazia ci
vuole anche l'insegnamento del valore della democrazia); sia nel contesto
dell'itinerario speculativo maritainiano, di cui condivide la duplice
connotazione di continuità e differenziazione (per cui l'educazione è sempre un
processo di umanizzazione da realizzare in modo aderente alle divise situazioni
culturali e storiche); sia, infine, nell'ambito del dibattito pedagogico
novecentesco, con particolare riguardo al rapporto tra pedagogia e filosofia e
tra pedagogia e politica. Maritain, senza misconoscere il contributo delle
scienze dell'educazione e delle tecnologie nell'insegnamento, richiama con
decisione la connotazione filosofica della pedagogia, e insieme il suo stretto
nesso con la politica, nel senso che c'è tra educazione e democrazia un circolo
virtuoso, per cui una implica l'altra vicendevolmente essendo entrambe
finalizzate a rendere possibile all'uomo la conquista della libertà. E'
beneinsistere sul nesso educazione-democrazia, rilevando che i tré momenti
corrispondenti alle tré edizioni dell'opera pedagogica di Maritain (nel 1943
esce "L'educazione al bivio", che costituirà la prima parte di "Per una
filosofia dell'educazione", pubblicata nel 1959 e poi ripubblicata, con
modifiche, nel 1969), rappresentano altrettanti momento di quella rifondazione
della democrazia a cui Maritain era tanto legato. Negli anni '40, la democrazia
viene vista come l'alternativa politica al totalitarismo ideologico, cioè al
nazifascismo, alla cui cultura della morte viene contrapposta la cultura della
vita così come al primato dello stato e della razza viene contro il primato
della persona e dei valori: su tutto ciò deve insistere l'educazione. Negli anni
Cinquanta l' accento viene posto sul pluralismo (peraltro già richiamato
precedentemente) come condizione per valorizzare concretamente la persona e
permettere il perseguimento del bene comune, e ancora una volta l'educazione si
fa carico di tali istanze. Infine, negli anni Sessanta il valore della
democrazia viene affermato in contrapposizione al nuovo totalitarismo, quello
tecnologico, che tende per un verso all'individualismo e per altro verso alla
massificazione. Le ragioni della democrazia contro lo statalismo, il prassismo e
la tecnocrazia sono le ragioni stesse dell'educazione, che può aiutare a tenere
vive le motivazioni etiche, ossia umanistiche, della democrazia, richiamando la
necessità che la politica sia incentrata sulla persona umana e finalizzata al
bene comune nel rispetto del pluralismo. Ad una tale impostazione, l'educazione
deve aspirare secondo la sua specificità, per cui muove dall'antropologia e,
attraverso la metodologia, mira alla teleologia. Questo, tradotto
maritainianamente, significa muovere dall'educando concepito come persona in
crescita (ma persona a pieno titolo), di cui l'educazione costituisce il "
risveglio umano "; significa, poi, puntare alla sua formazione integrale
e armonica, che superi cioè le unilateralità e le scissioni, che Maritain
denuncia nei cosiddetti sette errori dell'educazione contemporanea, per cui
l'educazione si trova al bivio, nel senso che è chiamata a scegliere tra
un'impostazione umanistica e posizioni pseudo-umanistiche o addirittura
anti-umanistiche; significa, infine, adottare una metodologia nè permissiva nè
autoritaria ma all'insegna della libertà come conquista che trova
nell'educazione liberale (umanistica) per tutti la condizione per evitare il
vuoto metafìsico ed etico, nemico dell'educazione non meno che della democrazia.
Nei quarant'anni lungo i quali ha sviluppato la sua concezione estetica , Maritain ha dedicato all'argomento molteplici
scritti: quello estetico è, infatti, uno dei problemi su cui il filosofo si è
più arrovellato, e anche in questo caso il suo itinerario mostra una sostanziale
continuità e, insieme, una non minore esigenza di specificazione. Così, costante
è l'esigenza - espressa fin dalla prima opera, "Arte e scolastica" - di evitare
l'intellettualismo e l'irrazionalismo estetici: l'arte si distingue per un
duplice carattere: è intellettuale (è virtù dell'intelletto pratico) e autonoma
(nel suo dominio è sovrana). Detto questo, bisogna aggiungere che l'arte trova
nella poesia la sua espressione più elevata, e che la caratteristica peculiare
della poesia è l'intuizione (o emozione) creatrice, che nasce da quel preconscio
spirituale che è stato trascurato dalla psicoanalisi, la quale ha insistito solo
sull'inconscio materiale. In tal modo, sulla concezione tomistica dell'arte come
recta ratio factibilium s'innesta una moderna concezione (espressa in
opere come "Frontiere della poesia" e "L'intuizione creatrice nell'arte e nella
poesia") della poesia come creatività, che " nasce nell'anima alle misteriose
fonti dell'essere ", per cui la poesia risponde all'esigenza di creare e
manifestare in bellezza. Si può dunque affermare che per Maritain la poesia è per un verso naturalmente collegata all'arte, e per
altro verso essa trascende l'arte: sia perché la poesia è attuazione della
libera creatività dello spirito (nell'arte invece l'attività creativa non è
libera, ma finalizzata alla produzione e fruizione dell'opera), sia perché la
poesia è conoscenza, cioè a modo suo comunione spirituale con l'essere (mentre
l'arte appartiene alla sfera operativa). Con la conseguenza che la poesia si
estende oltre il piano dell'arte, nel senso che una speciale espressione poetica
può rientrare in qualsiasi attività, quando l'animo dell'uomo abbia però
raggiunto certe grandezze; in tal caso, però, la poesia è come imprigionata;
pertanto si può affermare che la poesia trascende l'arte, e questa tuttavia
rimane il suo vero dominio. Chiarito il rapporto dell'arte con la conoscenza, è
opportuno fare ora riferimento a quella che Maritain chiama "La responsabilità
dell'artista" e che dà il titolo alla sua ultima opera di estetica, dove
Maritain rivendica l' autonomia dell'arte e della morale
(in quanto la prima riguarda l'opera e la seconda l'uomo), ma insieme ne
evidenzia il collegamento, giacché l'uomo appartiene all'una e all'altra come
produttore intellettuale e agente morale. Ancora una volta si tratta di
distinguere per unire, cosa diversa dal separare o dall'identificare. Sulla base
della sua impostazione, Maritain rifiuta la concezione anarchica (secondo cui "
non ha importanza ciò che si scrive ") e quella totalitaria (secondo cui
" ciò che si scrive deve essere controllato dallo stato "), così come
rifiuta l'estetismo (secondo cui l'arte è per l'arte) e il populismo (secondo
cui l'arte è per il popolo). Anche il rapporto dell'artista con la società va
visto all'insegna " di un vero senso del bene comune e del rispetto
dell'intelligenza e della coscienza, che il bene comune richiede come base
". In questa prospettiva si deve collocare la libertà dell'arte, che pertanto
non ha carattere assoluto, in quanto la società umana legittimamente può voler
proteggersi da certe conseguenze prodotte da opere artistiche: in tal caso,
però, " è compito della comunità sociale più che dello stato " e occorre
far leva sull'opera educativa, sull' ethos nazionale, sull'esercizio di
vantazione, sull'autoregolamentazione responsabile, sulla libera discussione e
sulla critica. Si devono soprattutto richiamare la prima e l'ultima di queste
funzioni: quella dell'educazione, che " fornisce alla mente i poteri vitali
di resistenza, criticità e discriminazione ", e quella della critica, che ha
" un compito di purificazione e illuminazione incessante, prima riguardo
all'attività creativa stessa dell'artista, in secondo luogo riguardo alla
consapevolezza comune delle persone ".
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