IL CONCETTO DELLA SCIENZA IN GUGLIELMO D’OCKHAM

 

 

A cura di Merico Cavallaro

 

“Si deve ritenere per fermo che è cosa illecita discutere in pubblico o in privato intorno alla potestà papale, quando si ha l’intenzione di sminuirla o il pensiero segreto di mettere in dubbio quelle verità sulla potestà del Papa, che si devono credere esplicitamente. Ma si deve giudicare cosa lodevole discutere della potestà papale, quando lo si faccia in buona fede e nelle debite circostanze, per esercizio o per istruzione, allo scopo cioè di convincere gli erranti che non la riconoscessero o la restringessero o l’allargassero oltre il giusto, o allo scopo di rendere di pubblica conoscenza ciò che non si sa. Infatti, come asserisce Sant’Agostino, Lib.I, De Trinitate, e come ripete il Maestro delle Sentenze, Lib.I, d.2, in nessuna cosa si corre pericolo di cadere in errore come nell’indagare circa l’unità e Trinità di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ciò nonostante sulla Trinità delle persone e l’unità dell’essenza divina è lecito parlare, disputare, scrivere e pubblicare libri. C’è forse qualcuno che ha ripreso Agostino, Ilario, Riccardo ed altri scrittori prima e dopo di loro, perché osarono ragionare intorno alla Trinità?” (G.d’Ockham, Breviluquium, cap.II, p.4, ed.Brandy, in G.Giannantoni, La ricerca filosofica: storia e testi, Torino, Loescher, 1985).

 

1. Introduzione.

         Possiamo dire che Guglielmo d’Ockham è la prima figura dell’età moderna. Il problema fondamentale della Scolastica, cioè l’accordo della verità filosofica e di quella rivelata, che per Ockham non sono conciliabili, è dichiarato insolubile.  La verità rivelata non mostra realtà di per sé evidenti, rispetto a questa carenza la sola conoscenza possibile è data dalla realtà empirica, mentre tutto ciò che trascende questa è negata alla conoscenza dell’uomo viator. Da qui è chiara la posizione di completa eterogeneità tra la scienza e la fede nel pensiero di Ockham.

Il fondamento su cui si basa Ockham nella sua ricerca è il ricorso all’esperienza, già iniziato da Duns e ispirato dalla scienza dimostrativa di Aristotele, ma da questi pensatori, il  nostro filosofo non manca di rimarcare differenze. Un esempio che sottolinea la differenza tra Ockham e Aristotele e che dimostra come il Doctor Invincibilis sottoponga ad esame quanto appreso dallo Stagirita, lo dimostra bene la critica alla teoria fisica aristotelica. Il principio di economia, di cui parleremo tra poco,  vieta di ammettere la diversità della materia dei corpi celesti e del mondo sublunare, a fronte della possibilità di considerare la loro omogeneità. Inoltre, Aristotele non ammette la possibilità di più mondi, sostenendo che se ci fosse un mondo diverso dal nostro, i centri tenderebbero a coincidere e così tutti i loro elementi, formando un unico mondo. Ockham obietta negando determinazioni assolute di spazio, poiché un altro mondo avrebbe un altro centro, punti e movimenti diversi. Ciò implica anche la possibilità di più mondi e, negando determinazioni assolute spaziali, la possibilità dell’infinito reale. A tutto questo aggiunge anche il fatto che ciò è possibile in base al concetto di onnipotenza divina. Tale negazione di limiti spaziali ha risvolti nell’ambito temporale con la possibilità di ammettere l’eternità del mondo.

 

2. Presupposti della scienza in Ockham.

Le opere che più specificamente Ockham dedica alla scienza sono:

1.     Expotitio super Physicam;

2.     Quaestiones in libros Physicorum;

3.     Summulae in libros Physicorum, conosciuto anche con il titolo di Phylosophia naturalis.

Anticipatore delle dottrine moderne, come abbiamo accennato sopra, Ockham è l’iniziatore di una nuova concezione e basa su quattro principi teorici il procedimento della ricerca scientifica:

1.     Il principio di economia, o principio di verificazione empirica e più diffusamente conosciuto come “rasoio d’Ockham”. Si applica alla realtà empirica e considera come categorie della filosofia della natura quantità, movimento, spazio, tempo, ecc.,

Nun sunt multiplicanda entia sine necessitate et frustra fit per plura

quod potest fieri per pauciora

Questa è la formulazione del principio di Guglielmo d’Ockham. Detto principio trova che le spiegazioni più semplici sono da preferire a quelle più intricate: se due fattori bastano a chiarire una connessione causale, un evento naturale, non è necessario ricorrere ad una terza entità; ancor meno se questa connessione non è verificabile empiricamente;

2.     Lo spirito dell’insegnamento aristotelico. Ma va ricordato che, nel seguire Aristotele, Guglielmo d’Ockham tiene conto del fatto che lo Stagirita assolutizza i dati dell’esperienza, ritenendola valida per tutti allo stesso modo;

3.     Il punto di vista della possibilità. Si applica al metempirico, limitato a ciò la cui esistenza non implica contraddizione. Il filosofo deve essere cosciente del fatto che la validità delle sue conclusioni è limitata alla realtà attuale;

4.     Il principio di causalità. Che Ockham ritiene valido, ma solo per quei casi che dimostrano una certa immediatezza di relazione, cioè quando il rapporto può essere dimostrato con la vicinanza tra causa e fenomeno causato.

 

3. Categorie della scienza in Ockham.

         Avendo accennato nel punto 1) del paragrafo precedente alle categorie su cui si deve basare la scienza per Ockham, allarghiamo un pochino lo sguardo a chiarire meglio la considerazione di Ockham su queste.

3.1. La quantità.

Riguardo il concetto di quantità, che si chiarisce in un significato lato e in uno stretto, Ockham opera delle precisazioni. In senso lato, la quantità è ciò che è divisibile in parti omogenee, mentre in senso stretto è ciò che può essere diviso tra più individui. Ockham precisa che la quantità può essere continua, quando le parti della cosa considerata non sono intermediate, in pratica quando è una cosa singola, in cui le parti sono continue; oppure, la quantità può essere detta discreta, quando si intende che fra le parti ci siano intermediari, ossia che queste non siano continue: qui intende, ad esempio, un insieme di individui presi in gruppo.

         Caratteristica della quantità secondo Ockham è che essa non contiene realtà distinte da se stessa, né sostanza materiale, né qualità. Riprendendo Aristotele, Ockham spiega come qualcosa che si rarefa non acquista e non perde nulla, ma le sue parti si distanziano, occupando maggior spazio.

 

3.2. Il movimento.

         Aristotele intende il movimento come il passaggio dalla potenza all’atto, per cui un corpo viene mosso e rispetto al quale il motore può essere interno o esterno. Nel primo caso si ha un movimento naturale, nel secondo uno violento, causato da un agente esterno. Secondo Duns, la caratteristica del movimento è quella di una “forma fluente”, un movimento per cui un corpo mosso viene determinato successivamente da una forma nuova, distinta da quella del mobile e dello spazio in cui esso si muove.

         Per Ockham nel movimento il corpo non acquisisce una realtà nuova. Riguardo al movimento violento, Aristotele riteneva che la forza impressa da colui che scaglia un oggetto, imprime all’aria una forza che trae dietro di sé l’oggetto. Ma ciò sollevava delle obiezioni dovute al riscontro con i dati dell’esperienza, poiché il moto dell’oggetto dovrebbe essere perenne, mentre invece incontra difficoltà a procedere, o, nel caso di due oggetti mossi l’un contro l’altro, si dovrebbe dire che l’aria è mossa in una direzione e, nel contempo, in quella contraria: ciò che è assurdo. Ockham nota che non è nemmeno sufficiente spiegare che l’oggetto è mosso a causa di una forza impressa da un motore esterno, bensì la forza viene trasmessa dal motore al mobile stesso, poiché è l’oggetto si muove da se stesso dopo il distacco dal motore. Questa teoria anticipa chiaramente quella moderna del principio di inerzia.

 

3.3. Il tempo in Ockham.

         Ockham si oppone alla considerazione del tempo e del moto che aveva fatto Averroè nel commentare il IV libro della Fisica. Per Averroè, Aristotele afferma che il tempo è un accidente del moto e segua questo. Ma Ockham vede in una lettura impropria dell’opera dello Stagirita la causa dell’errore del filosofo arabo.

         Aristotele definisce il tempo “misura dello spazio secondo il prima e il poi”, per cui prova che è impossibile avere una rappresentazione del tempo senza una corrispondente del moto. Ma, aggiunge Ockham, dato che il tempo non è un accidente del moto, ne segue che il tempo è il moto. La concezione aristotelica è valida purché non attribuiamo al tempo una realtà extramentale distinta dalle cose in movimento, perché tempo e movimento nella realtà empirica coincidono. Tuttavia, si distinguono all’interno del soggetto conoscente: infatti, vediamo come questi può misurare come una cosa duri più di un’altra, anche senza alcun movimento esterno.

 

3.4. Lo spazio.

         Secondo Aristotele lo spazio, o luogo, ha due caratteristiche. La prima è quella di essere inteso come il limite più interno che avvolge un corpo. La seconda è data dall’essere lo spazio un luogo immobile, cioè avente una posizione determinata rispetto a un luogo fisso. Duns aveva concepito lo spazio come una realtà distinta dal corpo e aveva ipotizzato che il movimento potesse esistere anche senza il luogo. Per Ockham, invece, lo spazio è inteso come ultimo limite che avvolge un corpo, anzi, propriamente un corpo esteso. Ockham non considera lo spazio (o luogo) come immobile, bensì mobile alla stessa stregua dei corpi.

 

4. Derivazione della conoscenza sperimentale.

Nella Metafisica e negli Analitici posteriori, Aristotele sostiene che la conoscenza sensibile si ottiene attraverso l’esperienza, che procede dai sensi. Così, per Ockham, la conoscenza scientifica degli intelligibili si acquisisce attraverso un’esperienza che inizia dalla conoscenza intuitiva degli intelligibili. Ma la conoscenza intuitiva è imperfetta per degli impedimenti derivanti dall’oggetto, e per focalizzare bene questa, seguiamo le distinzioni con l’altro tipo di conoscenza di cui è capace l’uomo, cioè quella astrattiva. Guglielmo sostiene che determinate differenze addotte degli studiosi non individuano la vera e propria differenza sostanziale tra le i due tipi di conoscenza. Cominciamo dai paragoni che il Doctor Invincibilis fa con altre teorie, riscontrabili o proprie del pensiero di Duns Scoto:

1.     La conoscenza intuitiva riguarda cose presenti, quella astrattiva può riguardare una cosa presente o una non presente. Secondo Guglielmo, tale osservazione non sottolinea come sia la stessa cosa a formare l’oggetto sia della conoscenza intuitiva, che di quella astrattiva;

2.     La conoscenza astrattiva raggiunge solo l’immagine mentale dell’oggetto, mentre quella intuitiva raggiunge lo stesso adeguatamente. Tale tesi scotista è avversata da Ockham che sostiene che ambedue le conoscenze possono raggiungere esaurientemente la conoscenza dell’oggetto;

3.     Secondo Duns la conoscenza intuitiva è suscitata dalla presenza dell’oggetto, mentre quella astrattiva è data dalla rappresentazione ideale della cosa. Per Ockham, sia la conoscenza astrattiva, quanto quella intuitiva, sono date dall’oggetto;

4.     Altra posizione che Duns Scoto sostiene è che la conoscenza astrattiva non ha una relazione reale e attuale con l’oggetto, mentre la possiede quella intuitiva. Per Ockham il modo di cogliere l’oggetto è uguale in tutti e due i tipi di conoscenza;

5.     Altra differenza, sempre sostenuta da Duns, è data dal fatto che la conoscenza intuitiva è causata da oggetti esistenti, mentre la conoscenza astrattiva è relativa a qualcosa nella sua natura propria ed essenziale di conoscibile. Per Duns non si può dare conoscenza intuitiva di cose inesistenti, mentre per Ockham non è così assurdo. Infatti, per Ockham le condizioni della conoscenza delle cose dipende dal loro ordine, per cui, se l’ordine delle cose cambia, cambiano anche le condizioni per la loro conoscenza. Questo vale per le cose che non sono soggette alle leggi dell’universo, ad esempio quelle sovrannaturali.

Per Ockham conoscenza astrattiva e intuitiva differiscono per se stesse e non per gli oggetti, si distinguono nello stesso modo di come si distinguono due individui, ossia per il fatto di possedere ciascuna un suo essere singolare proprio. Le due conoscenze differiscono per  cause efficienti esterne, che nel caso della conoscenza intuitiva causa è lo stesso oggetto della conoscenza, mentre la causa efficiente della conoscenza astrattiva è la stessa conoscenza intuitiva o qualche abito che inclina alla conoscenza astrattiva. Quindi, possiamo dire che la conoscenza intuitiva può darsi solo con la presenza dell’oggetto, mentre la conoscenza astrattiva può darsi anche se l’oggetto è stato distrutto. Altra differenza tra i due tipi di conoscenza è data dal fatto che la conoscenza intuitiva dà la possibilità di enunciare giudizi di esistenza, mentre quella astrattiva non può fornirne.

 

5. Cosa è la scienza o filosofia della natura.

Nel Prologus, della Expositio in libros Physicarum, Guglielmo d’Ockam apre la trattazione della scienza chiedendosi se sia “una qualità esistente oggettivamente nella mente”. Si pone, quindi,  di determinare intorno alla scienza alcuni punti, onde chiarirne meglio l’oggetto: che cosa sia la scienza in generale, quali le distinzioni nell’ambito delle scienze, nonché cosa sia la scienza o filosofia della natura.

In merito al primo punto, Ockham osserva che è da distinguersi se la scienza sia una qualità che esiste soggettivamente nella mente, oppure se sia un insieme di qualità che determinano la mente. Ockham nota che la scienza è una qualità mediante cui la mente viene a possedere qualcosa che prima non aveva. La scienza è un abito che esiste soggettivamente nella mente e una cosa che esiste soggettivamente nella mente, non può che essere una qualità: dunque, è dimostrato che la scienza è una qualità della mente.

         In quanto al secondo punto, Ockham rileva che ci sono varie accezioni del termine “scienza” e che non è possibile considerarle secondo un rapporto di subordinazione. In un primo senso, la scienza va intesa come conoscenza certa di qualcosa di vero. Rientrano in questo caso le conoscenze per fede, come quando dico che Roma è grande, anche senza averla vista, ma solo per il racconto fattomi da altri e a cui credo. A queste cose noi aderiamo credendole vere diciamo di averne scienza. C’è un’altra maniera in cui si intende una conoscenza evidente, alla quale aderiamo in base alla testimonianza di altri, ma a cui diamo assenso immediato o mediato da termini incomplessi. Se uno mi dice che la parete è bianca e io la vedo tale, allora credo che essa sia di quel colore. Qui rientrano, non solo le questioni necessarie, ma anche i casi contingenti. In un altro modo la scienza è intesa come conoscenza evidente di una verità necessaria. Qui è intesa la scienza dal quale ambito si escludono le verità contingenti e si considerano solo i principi e le conclusioni, mentre nell’accezione che abbiamo visto prima si considerava la scienza come insieme di verità contingenti e necessarie. Da qui sono escluse la metafisica e la filosofia della natura, scienze che contengono varie conclusioni, di cui una persona può non conoscerne una e conoscerne un’altra. Metafisica e filosofia della natura hanno principi e conclusioni tra loro distinti  e la loro conoscenza non coincide.

In un quarto senso, la scienza viene intesa come conoscenza evidente di una verità necessaria, generata da premesse necessarie ed evidenti e disposte secondo il procedimento sillogistico. Qui si considerano le verità necessarie, escluse quelle derivanti da principi. Dall’ambito di quest’accezione si esclude sia l’intelletto, in quanto scienza dei principi, quanto la sapienza, la quale non si fonda sul procedimento sillogistico. Tuttavia, Ockham fa rientrare sotto quest’accezione la filosofia della natura, in quanto suo oggetto sono le cose corruttibili e mobili e anche le sostanze separate, ma, nonostante l’oggetto della filosofia della natura sia materiale, questa verte su concetti mentali che suppongono il suo oggetto, cioè le cose.

         Ockham introduce anche un quinto senso in cui viene intesa la scienza, cioè come scienza della sola conclusione; altra è la scienza intesa come conoscenza dell’intera dimostrazione. Un’ulteriore accezione che Ockham individua nel senso comune è quello di intendere la scienza come un insieme di conoscenze che sono disposte secondo un ordine e in cui rientrano la metafisica, la filosofia della natura e le altre branche del sapere. E quest’ultimo era il senso in cui Aristotele intendeva la scienza.

 

 


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