Ripensavo alla vita umana, che mi pare come una lunga processione. Fortuna è il cerimoniere che ordina e distribuisce gli uffici e le vesti: ti piglia uno che le viene innanzi, lo veste da re, gli mette la tiara in capo, lo circonda di guardie, lo corona d'un diadema; sopra un altro getta una tonacella da servo; a chi da un aspetto bello, a chi uno brutto e ridicolo, perché lo spettacolo dev'essere variato. Spesso nel mezzo della processione muta gli ordini, e fa scambiar vesti a taluni; spoglia Creso, e gli fa prendere abito di servo e di prigioniero; e Meandro, che era vestito da servo, ella lo riveste dei regali paramenti di Policrate, e glieli fa portare per qualche tempo. Finita la processione, ciascuno restituisce gli ornamenti, e si spoglia delle vesti e del corpo: e tutti ritornano come erano prima, l'uno indifferente dall'altro. Alcuni sciocchi quando la Fortuna si presenta a richiedere gli ornamenti, l'hanno a male e se ne sdegnano, come se fossero spogliati di roba loro, e non di roba prestata per poco tempo. Hai veduto molte volte sulla scena, cred'io, gli attori, che, come vuole il dramma, diventano ora Creonti, ora Priami, ora Agamennoni; e, se occorre, colui che poco innanzi rappresentava il grave personaggio di Cecrope o di Eretteo, poco dipoi esce vestito da servo, perché così comanda il poeta. Alla fine del dramma ciascuno di loro depone il vestone di broccato, la maschera, ed i coturni, e se ne va povero e tapino. (Luciano di Samosata, Menippo, 16)
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