Gli uomini,non avendo potuto guarire la morte,la miseria,l'ignoranza,hanno risolto,per vivere felici,di non pensarci. ( Pensieri , n° 348 )
Su
Biagio, figlio di Stefano Pascal, autoritario e rigido, nacque a Clermont, in Alvernia (Francia centrale), il 19 giugno 1623 da famiglia altolocata. La madre morì quando lui aveva tre anni (1626); ebbe due sorelle: Gilberte e Jacqueline. Fu Gilberte a lasciarci una Vita di B. Pascal, scritta poco dopo la morte del fratello, e pubblicata la prima volta nel 1684, a Amsterdam.
Il padre lo educò tenendolo dapprima lontano dalla matematica, per fargli prima ben apprendere le lettere classiche, ma Biagio si rivelò capace di leggere Euclide di nascosto e di capirlo da solo, costringendo il padre ad arrendersi all'evidenza di una vocazione più scientifica che umanistica del figlio. Così il padre lo condusse regolarmente alle riunioni di scienziati che si tenevano presso il P. Mersenne. Pascal manifestò un vero genio matematico e già a 16 anni scrisse un Traité des Coniques. Comunque la sua formazione non fu solo scientifica. La stessa sorella Gilberte dice che il fratello continuava a studiare il latino e il greco, ed oltre a ciò, "durante o dopo il pasto, mio padre lo intratteneva ora sulla logica, ora sulla fisica e sulle altre parti della filosofia".
Dunque, prima che filosofo, Pascal fu scienziato e inventore. Nel 1639 per dare una mano al padre, mandato a riscuotere le tasse nella turbolenta Alta Normandia (a Rouen), inventò una macchina calcolatrice.
A ventitré anni, avendo appreso l'esperienza di Torricelli, fece diversi esperimenti sul vuoto e preparò un Trattato sul vuoto. Non ne uscirono, se non più tardi (nel 1663) che due estratti: De l'équilibre des liqueurs e De la pesanteur de l'air. Ma ci resta un Frammento del Trattato sul vuoto del 1647, che -sostiene la Vanni Rovighi- "è interessante perché ci fa vedere l'atteggiamento di Pascal per quel che riguarda la conoscenza scientifica. È il medesimo atteggiamento che troviamo in Galileo, in Bacone, in Cartesio. Quando si tratta di fisica, di studio della natura, è vano rivolgersi agli antichi, per sapere che cosa abbiano pensato: la testimonianza degli altri, degli antichi servirà per le conoscenze storiche, non per la fisica."
Anche nel suo interesse scientifico fu uomo dal forte attaccamento all'esperienza concreta; Sciacca (cit., p. 24) sottolinea come, a differenza di Cartesio, più astratto e interessato all'algebra, Pascal fosse attratto dalle, più concrete, fisica e geometria.
Nel 1646 il contatto con Guillebert, parroco di Ronville, che poi diventò direttore spirituale di tutta la famiglia Pascal, e che era giansenista, determinò quella che si suole chiamare la prima conversione di Pascal. Pascal era sempre stato religioso, ma da quel momento decise, secondo Gilberte, di rinunciare alle soddisfazioni mondane e di dedicarsi totalmente alla ricerca di Dio. Continuò però i suoi studi scientifici, a Parigi si incontrò con Cartesio (1647) col quale ebbe discussioni sul vuoto.
Contemporaneamente si recò dai "solitari" di Port-Royal ed ebbe modo di trattenersi con loro.
Nel 1651 morì il padre di Pascal; la sorella Jacqueline, dopo esserne stata ostacolata dal fratello, entrò come monaca a Port-Royal (1652). Cominciò invece per Biagio un periodo "mondano", durante il quale Pascal divise il suo tempo fra la ricerca scientifica e le conversazioni, il divertissement, con le persone di mondo. Uno di questi "mondani", il Cavaliere di Méré, ci ha lasciato una versione un po' strana, e probabilmente non del tutto attendibile, del rapido mutamento di Pascal che, dall'atteggiamento di totale astrazione nelle matematiche, sarebbe passato all'apprezzamento delle qualità che fanno l'uomo di mondo, l'honnête homme, nel linguaggio di allora.
"Al di sopra delle regole, della riflessione, Méré pone qualche cosa che egli si rifiuta di definire e a cui dà i nomi di sentimento, di cuore, di esperienza e di istinto, tutti nomi che si ritroveranno con frequenza sotto la penna di Pascal" (Br. min., p. 116). Essere "honnête homme" o "galant homme" vuol dire aver tatto, saper trattare gli uomini, avere senso del concreto. Altro personaggio col quale Pascal ebbe a che fare in questo periodo fu Miton, mondano disincantato e pessimista, che suscitò l'ammirazione di Pascal.
Forse appartiene al periodo mondano di Pascal, se è suo, il Discours sur les Passions de l'amour, nel quale troviamo già la distinzione fra esprit géométrique e esprit de finesse, che sarà ripresa nei Pensieri.
Secondo Gilberte fu la sorella Jacqueline, religiosissima, ad essergli di esempio: "gli aprì il cuore alla Grazia". Preparato da tale influsso, un evento molto importante nella sua vita fu la cosiddetta seconda conversione, incentrata nella "Nuit de feu" del 23 novembre 1654, e testimoniata dal Memoriale, un foglio che Pascale portava cucito nei suoi abiti, e che riportiamo qui di seguito: " Fuoco
Dio di Abramo
Dio di Isacco
Dio di Giacobbe
non dei filosofi e dei dotti.
Certezza.
Certezza.
Sentimento
Gioia
Pace
Dio di Gesù Cristo
Deum meum et Deum vestrum.
Il tuo Dio sarà il mio Dio.
Oblio del mondo e di tutto, tranne Dio.
Egli non si trova se non nelle vie indicate nel Vangelo.
Grandezza dell'anima umana.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto.
Gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia.
Me ne sono separato "
Estremamente importante nella filosofia di Pascal risulta anche l' argomento della scommessa su Dio , riguardante la sua esistenza . Non é importante dimostrare che Dio esista , ma é fondamentale dire se valga o no la pena puntare sull' esistenza di Dio . Quando uno ha le carte in mano , non potrà mai sapere se vincerà o perderà , può solo sapere se ha un grado di probabilità di vittoria alto o basso e può sapere se vale la pena giocare con quelle carte o no . Magari in termini di probabilità non mi converrà giocare , tuttavia non é impossibile che io vinca ( anche se improbabile ) ; sono poi spinto a giocare dal fatto che il premio in palio é così grande che , se vinco , mi cambia la vita ; c' é un rapporto infinito tra quello che possiedo e quello che posso possedere vincendo : é proprio questo che mi fa venir voglia di giocare . Così vanno anche le lotterie : la possibilità é una su un milione ( o anche meno ) , le probabilità di vittoria sono bassissime , tuttavia gioco perchè c' é un rapporto infinito tra il premio in palio e quello che possiedo : la vittoria mi cambierebbe la vita ; in ogni caso vale la pena giocare . Supponiamo che la posta in gioco sia un infinito guadagno : qualsiasi fosse la posta da giocare e qualsiasi fosse la probabilità di vincere , varrebbe sempre e comunque la pena giocare . Pascal fa una scommessa del genere puntando sull' esistenza di Dio ; nella sua religione di derivazione giansenista e antigesuitica , é chiaro che scegliere Dio comporta una radicale rinuncia al mondo : ecco allora che Pascal sui piatti della bilancia mette da una parte Dio , dall' altra il mondo . A lui , come detto , non interessa dimostrare l' esistenza di Dio , che sa peraltro indimostrabile , come indimostrabile é l' inesistenza di Dio . Ciascuno di noi , a seconda che creda o no , é capace a portare argomentazioni pro o contra Dio ; ma si tratta sempre solo di argomentazioni e non di prove conclusive : il credente dirà che il mondo presenta un ordine che deriva da Dio , l' ateo dirà che se c' é il male come può esserci Dio , e così via . Pascal spiega , illustrando queste posizioni appena citate , che la fede é una scelta : ci si mette volontariamente in gioco , una scommessa dove ci si gioca tutto . Non possiamo dire se Dio esista o se non esista , come non possiamo neanche dire che sia più probabile che esista o che non esista , ma una cosa la possiamo dire con certezza : il rapporto tra le probabilità che esista e quelle che non esista sarà sempre un rapporto finito : non so ( nè posso sapere ) se sia di 5 a 50 , di 70 a 30 , di 1 a 99 , di 1 a un miliardo ; in assenza di una prova il rapporto é sempre finito . Se fosse un rapporto infinito allora sarebbe come avere la certezza che Dio esista o non esista : se dico che il rapporto tra esistenza e non esistenza é di 1 ad infinito , é come se avessi la certezza che non esiste . Nella scommessa su Dio uno può puntare su Dio ( rinunciando al mondo ) o sul mondo ( rinunciando a Dio ) . Esaminiamo entrambi i casi : punto sul mondo ; Dio non esiste e vivo come se non esistesse , dandomi interamente al mondo e alla vita terrena . Se punto su Dio , invece , se vinco , vinco una realtà infinita , una felicità infinita ( la beatitudine ) ; mettiamo il caso che Dio non esista ; io che ho puntato sulla sua esistenza ho perso , ma che cosa ? Perdo l' infinito ( Dio ) e mi rimane il finito ( il mondo ) . Pascal gioca tutto sul fatto che il rapporto di probabilità tra esistenza e inesistenza di Dio é finito , mentre infinito é il rapporto tra Dio e mondo ( ossia tra le cose puntate ) . Conviene sempre puntare su Dio perchè se non esistesse avrei comunque sempre a mia disposizione il mondo finito ; ma se esistesse oltre al mondo finito , guadagnerei anche l' infinito ( Dio ) . Chi non punta su Dio vince il mondo finito , ma se Dio esistesse , allora perderebbe l' infinito . Qualche possibilità che Dio esista ci deve essere per forza , dice Pascal , ( anche solo una ) , altrimenti chi sostiene che Dio non esista dovrebbe essere in grado di dimostrare in modo razionale che non c' é ( ma non é possibile ) . Quindi , magari le probabilità che Dio esista saranno bassissime , ma conviene puntare su di lui perchè quello che si vince , nel caso esista , ( e quello che si perde nel caso non si punti su di lui e lui esista ) é talmente grande ( infinito ) che vale la pena giocare , qualunque siano le probabilità di vincere . Ricordiamoci che questa di Pascal é solo una prova : non mi dimostra nè che Dio esista nè che non esista , mi dice solo che vale la pena credere che esista . Possiamo fare ancora una volta il confronto tra il Dio cartesiano ( quello dei filosofi e degli scienziati ) e quello pascaliano ( il Dio di Abramo , di Isacco e di Giacobbe ) : tutti e due i filosofi giocano in qualche modo sull' idea di infinitezza presente in noi enti finiti . La differenza però sta nel fatto che Cartesio dimostra l' esistenza di Dio , Pascal argomenta in favore della scelta di credere in Dio , convinto che l' esistenza di Dio non sia dimostrabile razionalmente ( Pascal ha meno fiducia nella ragione umana rispetto a Cartesio ) . Il Dio persona di Pascal ( che é poi quello cristiano ) , non va dimostrato razionalmente , ma va accettato e basta ; il Dio teistico non chiede all' uomo di capire tutto , bensì gli chiede di fare l' atto di fede e di compiere scelte : non a caso é il Dio di Abramo , colui che sacrificò , su consiglio di Dio , il proprio figlio Isacco : le vicende di Abramo non sono altro che quelle della scommessa pascaliana vissuta in termini tragici : Abramo punta tutto su Dio , perfino il proprio figlio ; scommette tutto su Dio e riesce vincitore cosicchè vince il mondo finito ( gli viene restituito il figlio ucciso ) e l' infinito ( Dio ) . Pascal scrive: " Poiché scegliere bisogna, vediamo ciò che vi interessa di meno. Voi avete due cose da perdere: il vero e il bene; e due cose da impegnare nel gioco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha due cose da fuggire: l'errore e la miseria. (...)
Valutiamo questi due casi: se guadagnate, voi guadagnate tutto; se perdete, non perdete niente. Scommettete dunque che egli esiste, senza esitare ". Sempre a riguardo della fede in Dio , vi é un altro curioso argomento elaborato da Pascal : egli immagina che un non credente gli si rivolga confessandogli di non riuscire a credere in Dio e , per questo , di vivere male la sua vita . Essere credenti , in fondo , é più facile perchè si ha una speranza in qualcosa e chi non crede , spesso , vive male il fatto stesso di non credere. Pascal consiglia al non credente di agire in tutto e per tutto come se credesse , quasi come se , abituando il corpo alla fede , anche l' anima , un poco alla volta , si abituasse a credere . Agisci come se credessi e vedrai che la fede viene da sè : può essere così riassunta l' argomentazione pascaliana . Si deve forzare la macchina corpo ad abituarsi alle cose di Chiesa ( messe , processioni e riti vari ) finchè anche l' anima si adatterà e arriverà a credere . Dobbiamo fare la nostra scommessa puntando su Dio : se non c' é non ci perdiamo nulla , ma se c' é abbiamo solo da guadagnarci . Con l' idea dell' adeguarsi forzatamente alla fede , prima col corpo e poi con l' anima , Pascal vuole dire che la fede ce l' abbiamo tutti , basta trovarla : chi cerca la fede ( come il non credente ) in fondo già la possiede proprio perchè la sta cercando . Uno che non avesse l' idea infinita di Dio in sè non si porrebbbe il problema della ricerca della fede . E Abramo stesso , che aveva puntato tutto su Dio , non aveva forse fatto un atto di ricerca della propria fede affidandosi completamente a Dio ? La situazione tipica dell' uomo é di essere un ente finito e di avere la consapevolezza di essere un ente finito ; ma sapere di essere finiti implica che l' uomo abbia presente in sè l' idea di infinito ( Dio ) : come faccio a sapere di essere finito se non so che cosa sia l' infinito ? Già Cartesio si era servito di quest' argomentazione . Quindi la fede in ultima istanza l' abbiamo tutti , si tratta solo di cercarla , magari anche forzando . Il non credente si sente insoddisfatto proprio perchè non é ancora riuscito a trovare la sua fede . Quello che caratterizza l' uomo é di essere un ente finito e di sapere di essere un ente finito : questo permette a Pascal di elaborare la teoria della miseria del genere umano , miseria che colpisce esclusivamente il genere umano : non ne sono affetti nè Dio nè gli altri esseri del creato . Viene spontaneo controbattere che ci sono esseri assai inferiori e quindi più sventurati dell' uomo : ma essere miseri per Pascal implica non solo avere dei limiti , ma anche esserne coscienti : solo l' uomo si rende conto della sua sofferenza e dei suoi limiti . Ha dei limiti , ma ha anche una sua grandezza : l' uomo per Pascal é un mostro , un essere ibrido , incomprensibile , una realtà che non é semplice ma che é misera : é piccolo perchè é debole ed é grande perchè sa di essere debole . Non a caso Pascal diceva : Io esalto l' uomo quando lo si vuole umiliare e lo umilio quando lo si vuole esaltare ; soffre e sa di soffrire l' uomo : é allo stesso tempo l' essere più grande e più sventurato . La più famosa metafora elaborata da Pascal per delineare la condizione dell' uomo é quella del giunco pensante in balìa del vento : l' uomo é una pianta debole soggetta alle intemperie : proprio come un giunco può essere facilmente sradicato e ucciso : il vento ( e in generale l' universo che lo attacca ) é estremamente più potente di lui , ma lui ha un vantaggio : é pensante . L' universo che lo schiaccia senza neanche accorgersene é più forte fisicamente , ma proprio perchè non si accorge di cosa fa ( non ha coscienza ) é infinitamente più debole rispetto al giunco sul piano della coscienza : il giunco pensante fisicamente é debole , ma in ambito di coscienza é fortissimo perchè ha coscienza di essere schiacciato e distrutto dal vento ( l' universo ) , che manco si accorge di ciò che fa . Un secolo dopo Pascal , Kant riprenderà questa concezione ambivalente dell' uomo per elaborare la sua teoria del sublime , quel sentimento che l' uomo prova e che risulta allo stesso tempo piacevole e insopportabile : é l' uomo che si pone di fronte alla natura e se ne compiace , tuttavia sente di essere a lei inferiore e soffre : l' immagine usata da Kant sarà quella del mare in tempesta ; l' uomo che lo vede dalla riva prova un sentimento piacevole perchè in effetti é uno spettacolo meraviglioso , tuttavia soffre sentendo la propria impotenza e inferiorità rispetto alla natura , che può schiacciarlo senza neanche accorgersene . Questa é la miseria dell' uomo . Ecco come esprime Pascal questo concetto: " L'uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Non c'è bisogno che tutto l'universo s'armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d'acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità dell'universo su di lui; l'universo invece non ne sa niente. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. E' con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo spazio e il tempo che potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensare bene: questo è il principio della morale " (fr. 347).
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